La squadra della Foresta Nera

Prendendo il tram numero 1, che passa ogni 6 minuti nel centro di Friburgo, si taglia verso est il quadrante sudovest di questa tranquilla cittadina universitaria fino ad arrivare al limite del centro abitato, segnato dall’iconico Dreisamstadion, chiamato così perché poggiato sul letto del fiume Dreisam. Iconico più per l’immaginario che per le vittorie: una curva intera è sormontata dalla Foresta Nera, i cui alberi si possono quindi vedere spuntare attorno e sopra la copertura dalle altre tre tribune creando uno spettacolo naturale unico. È uno stadio amato visceralmente dai tifosi del Friburgo anche per questo e poco apprezzato dalle squadre avversarie, perché l’ansa del fiume ha portato il campo ad avere un’altezza diversa di qualche centimetro tra le due porte. È chiamato anche Schwarzwald-Stadion (appunto stadio della Foresta Nera) e per settant’anni è stato la casa del Friburgo.

 

Il Friburgo non ha mai vinto grandi trofei, la sua tifoseria proviene tutta dalla città e dalla piccola regione che la circonda. È una squadra che ha sempre avuto un piccolo budget e nessuna rivalità storica, visto che – addirittura – Friburgo è più vicina a Basilea che non a grandi città tedesche. I derby regionali con il Karlsruher e l’Hoffenheim, e quello statale con lo Stoccarda, sono tra i più amichevoli e il piccolo Schwarzwald-Stadion è una cornice perfetta per una trasferta tranquilla e rilassata. 

 

Il Friburgo, insomma, incarna perfettamente la visione tedesca di cosa debba essere una squadra di calcio, parte integrante della comunità in cui si trova, una di quelle squadre che stanno simpatiche a pelle a tutti; ma anche una di quelle provinciali che negli ultimi anni, grazie a una gestione oculata delle risorse, sta sfruttando la decadenza delle grandi squadre storiche come Schalke, Werder e Amburgo per ambire a qualcosa di più della zona salvezza.

 

Proprio per migliorare le proprie ambizioni e approfittare dallo spazio lasciato vuoto da queste squadre, quest’anno il Friburgo ha abbandonato lo Schwarzwald-Stadion, con i suoi 25 mila posti, le tribune vetuste e i bagni angusti, per traslocare nell’appena costruito Europa-Park-Stadion. Il nuovo impianto non ha nulla della magia del vecchio, la Foresta Nera non si vede neanche col binocolo, ma ci sono 10 mila posti in più, in una struttura nuova e funzionale, con molti più confort, dai bagni più spaziosi a chioschi perfettamente attrezzati per vendere l’apprezzata birra della zona, la Rothaus.

 

 

Il Friburgo ha detto così addio a una parte fondamentale della sua identità storica, ma il successo è stato immediato: la squadra ha ottenuto una striscia di 10 partite senza sconfitte (ovvero fino all’incontro col Bayern del 6 novembre 2021 perso 2-1) che hanno dato un tono alla stagione e lo stadio di casa è stato una fortezza nei momenti più complicati. Il Friburgo ha lottato per un posto in Champions League fino a due giornate dalla fine della Bundesliga, chiudendo poi al sesto posto, che significa Europa League per la prima volta dalla stagione 2013/14, con una squadra dai pochi nomi riconoscibili anche a livello nazionale e in cui nessuno è arrivato in doppia cifra di gol.



Allora come oggi in panchina c’è Christian Streich, saldo al comando da oltre un decennio. Il protagonista principale di quest’epoca dorata per la squadra della Foresta Nera. Negli ultimi dieci anni il Friburgo con Streich è passato dall’Europa alla retrocessione (2015/16) per tornare subito in Bundesliga e ora di nuovo in Europa. Il tutto senza grandi acquisti, reinvestendo quanto guadagnato dalle cessioni e puntando quindi molto sulla crescita dei talenti delle giovanili, attraverso una precisa programmazione e al lavoro a livello di costruzione della rosa e di gestione dell’allenatore.



«Nessuno si sognerebbe mai di licenziare Streich», ha detto il giornalista tedesco Christof Ruf a The Athletic: «Dalla dirigenza ai tifosi, tutti sono estremamente tranquilli. Qui si possono perdere otto partite di fila senza che i giornali o i tifosi inizino a mettere in discussione le tattiche o le formazioni». Streich è uno degli allenatori di provincia più caratteristici della Bundesliga: alto, magro e con i capelli corti sempre scompigliati. A bordo campo è una furia. Indossa sempre la tuta, ha il viso perennemente arrossato per le grida con cui dà indicazioni alla squadra. In una parola: Streich è il Friburgo. 

 

In Europa poche altre realtà entrano in una simbiosi emotiva tanto stretta tra allenatore e squadra. Simeone all’Atlético, Klopp al Liverpool: siamo a quel livello di identificazione totale. Streich non è soltanto l’allenatore, ma anche il simbolo di quello che il Friburgo vuole rappresentare nel mondo del calcio. Certo la sua risonanza rimane legata al calcio tedesco, ma in Germania è un personaggio di culto. Il suo cognome può essere tradotto come “scherzo”, ha l’abitudine di andare allo stadio in bicicletta, abbracciando l’anima di una città fortemente legata all’ambientalismo. NElle sue conferenze e soprattutto alle sue conferenze stampa, durante le quali può uscire fuori di tutto.

 

Streich può passare dalle citazioni dei filosofi tedeschi novecenteschi a discorsi sulla responsabilità morale e l’ascesa dell’estrema destra («Se non si chiarisce la propria posizione, si condivide la responsabilità quando le cose vanno male»), dall’etica del sistema di produzione del cibo («Diciamo sempre ai nostri giocatori che dovrebbero assicurarsi di comprare la carne solo da macellerie che hanno carne di qualità dalle vicinanze e non la carne che viaggia per migliaia di chilometri. I giocatori hanno tutti abbastanza soldi e possono permettersi di comprare qualcosa di più di un pollo a 2 euro e 50, con gli animali che sono stati torturati nella loro breve e non dignitosa vita») al ruolo del calcio nella nostra società («Non è un’evasione. Per me era come mangiare. Da bambino, giocavo a calcio più che mangiare. È un artefatto culturale. Ti incontri con un amico, vai allo stadio, vedi i tuoi amici, vinci, perdi, sei triste, sei felice. Non è evasione. È cultura»). Basta chiedere e lui risponde con franchezza anche a domande scivolose, come a quella sulla presenza nel calcio dei fondi sovrani di paesi che violano i diritti umani: «Nel calcio succedono da sempre cose che superano il limite. In questo caso è incredibile che chi fa parte di questo consorzio, coinvolto in gravi violazioni dei diritti umani, faccia parte anche di questo mondo. Devo dire che se ci sono delle persone che si fanno problemi per questo, allora mi posso contare tra quelle persone».



Tutte frasi pronunciate con il suo accento caratteristico del dialetto del sud del Baden, lo stesso parlato dai tifosi della squadra. Anche questo lo fa sembrare uno di loro. Nato in un paesino a pochi chilometri da Friburgo, i genitori avevano una macelleria e mentre provava a diventare un calciatore ha imparato il mestiere: «Se qualcuno veniva nella nostra macelleria dopo l’orario di chiusura, mia madre gli dava comunque della carne o una salsiccia, a volte dalla nostra cucina. Questo mi ha sicuramente impressionato, quel modo di trattare con le altre persone». La sua carriera da professionista è durata una decina di anni, è stata interrotta da un brutto infortunio e non l’ha portato molto lontano: sia perché ha praticamente sempre giocato nella regione del Baden-Wüttenberg, sia perché  non è mai andato oltre la seconda serie tedesca.

 

Terminata la carriera si è messo a studiare, ottenendo l’abilitazione per poter insegnare tedesco e storia nelle scuole. Allo stesso tempo è partita la sua carriera da allenatore, nelle giovanili del Friburgo, fino a diventare assistente della prima squadra. A metà della stagione 2011/12, dopo una trafila di 16 anni all’interno della società, ne diventa finalmente allenatore. Oggi è, ovviamente, il più longevo sulla stessa panchina in Bundesliga. La sua capacità di creare un gruppo unito e sviluppare al meglio i giocatori a disposizione è stata fondamentale per le ambizioni europee del Friburgo che, appunto, non può contare su molti soldi.

 

Les larmes de Christian Streich, après la dernière au Schwarzwald-Stadion.

20 ans de carrière passés devant ces mêmes tribunes, ça fait un choc.pic.twitter.com/npmMNbSoHA

— Feuille de Match (@fdematch) September 27, 2021

Al momento dell’addio allo Schwarzwald-Stadion, Christian Streich è salito col megafono a cantare in curve e poi non ha trattenuto le lacrime.



In questa stagione la squadra tedesca ha un monte stipendi di circa 50 milioni di euro (per capirci il solo contratto di Lewandowski col Bayern è di circa 25 milioni a stagione) e deve quindi fare i conti con uno svantaggio economico colossale rispetto alle squadre più ricche d’Europa. Il Friburgo si affida allora alla capacità di scouting dei suoi dirigenti per trovare calciatori non ancora affermati da far esplodere. Racconta Christoph Ruf a The Athletic: «I due direttori sportivi, Jochen Saier e Klemens Hartenbach, si preoccupano di spendere ogni 100mila euro come se fossero soldi propri, seguono i futuri giocatori per anni perché il club non può permettersi di sbagliare troppi trasferimenti».


Nelle ultime cinque stagione il Friburgo ha ripetutamente venduto uno dei suoi giocatori migliori a grandi cifre, facendo poi il mercato con i soldi ricavati: nel 2017 Maximilian Philipp al Borussia Dortmund per 20 mln, nel 2018 Caglar Söyüncü al Leicester per 21 mln, nel 2020 Luca Waldschmidt al Benfica per 15 mln e Robin Koch al Leeds per 13 mln, nel 2021 Baptiste Santamaria al Rennes per 14 mln.



Solitamente i giocatori acquistati non sono ancora entrati nel picco della carriera, così da poter essere rivenduti dopo l’esplosione, ma anche le occasioni di mercato non vengono certo rifiutate. In questa stagione per esempio i 14 milioni incassati per Santamaria sono stati reinvestiti per il centrocampista nel venticinquenne Maximilian Eggestein arrivato per 5 mln dal Werder retrocesso e altri 4 mln sono stati spesi per il terzino destro diciannovenne Hugo Siquet dallo Standard Liege. Gli altri nuovi innesti in rosa sono arrivati dalla seconda squadra: il centrale diciannovenne Kiliann Sildillia e le ali ventenni Noah Weißhaupt e soprattutto Kevin Schade, giocatore su cui si punta molto.



In nessuna di quelle sessioni di mercato il giocatore importante ceduto non ha portato una plusvalenza e in nessuna il Friburgo ha chiuso spendendo più di quanto incassato dalle cessioni. Per dire è già ufficiale la cessione per l’estate 2022 di Nico Schlotterbeck al Borussia Dortmund per 20 mln, centrale che era stato acquistato nel 2017 per 90mila euro dal Karlsruher. Al suo posto arriverà gratis Matthias Ginter, che Streich aveva già allenato essendo cresciuto nel Friburgo prima di essere venduto al Borussia Dortmund per 14 mln nel 2014 da campione del mondo. Anche Schlotterbeck in questa stagione ha raggiunto la convocazione in Nazionale.

 

 

Streich sa che per essere competitivo il Friburgo deve conoscere innanzitutto i suoi limiti, sapere che può anche concedere l’iniziativa agli avversari ma non deve mai soccombere tatticamente o atleticamente, i due aspetti più facili da affinare anche con limitate risorse economiche. Il Friburgo è una squadra che predilige allora giocatori versatili e con spiccate doti atletiche, cerca innanzitutto dinamismo e capacità di interpretare le varie situazioni di gioco per non perdere i duelli individuali. Streich è cosciente di quanto ad alto ritmo la concentrazione possa causare errori. Non pretende di andare a cercare di rubare sempre palla agli avversari: per Statsbomb il Friburgo è la squadra che ha compiuto meno azioni in pressione della Bundesliga con 141.8 p90. Più che con il fiato batte gli avversari cercando di stare sempre al posto giusto al momento giusto, perdendo quindi pochi palloni, limitando gli errori di concentrazione facendo attenzione a non schiacciarsi troppo.



Non è un caso se per il Friburgo più che il modulo di riferimento del 3-4-3, modulo che consente la maggiore flessibilità strutturale nelle varie fasi di gioco, la costante sembra quella di una strategia che consente alla squadra di rimanere compatta senza perdere l’ampiezza a ogni altezza del campo. Anche perché il Friburgo punta a proteggere la fascia centrale e spingere la manovra avversaria sull’esterno e recuperare lì il pallone e per questo necessita innanzitutto di occupare tutti i canali verticali del campo a seconda di dove si trova il pallone. La flessibilità tattica però permette di cambiare anche all’interno della partita per la difesa a 4 ed è capitato di vedere la squadra iniziare le partite col 4-4-2 prima di passare a partita in corso al 3-4-3.



Il Friburgo si affida alle connessioni di giocatori che si conoscono benissimo, che sanno quello che possono e non possono dare in campo. L’importante è che in campo ci siano sempre esterni in grado di correre tutto il campo e bravi a crossare; e giocatori in grado di attaccare l’area e arrivare su quei cross. Il Friburgo cerca le combinazioni giuste al momento giusto sulle proprie catene di fascia e lì battere la difesa avversaria. Per questo davanti giocano giocatori dinamici e bravi di testa come la punta Lucas Höller o l’attaccante esterno Roland Sallai e per questo ci sono giocatori dal piede preciso nei cross come Vincenzo Grifo, il rifinitore della squadra e lo specialista nel battere i calci piazzati, o il capitano Christian Günter, esterno a tutta fascia che ha chiuso con 9 assist e che da due anni gioca ogni minuto possibile in Bundesliga.

Ecco un gol da Friburgo: c’è il duello individuale vinto, la dinamicità del fronte offensivo e l’assist di capitan Günter.

 


I tifosi sanno cosa aspettarsi quando vanno allo stadio: una squadra preparata, che pur con pochi mezzi a disposizione venderà carissima la pelle. La strategia varia a seconda dell’avversario, sempre cosciente della natura particolare della rosa a disposizione, senza stelle e in cui nessuno è esente dai compiti tattici.



A rendere questa stagione speciale ha contribuito poi anche il percorso nella Coppa di Germania, dove ha raggiunto la sua prima finale, da giocare a Berlino il 21 maggio. Dopo 4 titoli di seconda divisione e due Coppe regionali, può alzare il suo primo trofeo maggiore della sua storia nella finale contro il RB Lipsia. Per un’occasione più unica che rara il Friburgo, giocherà proprio contro l’antitesi di tutto quello che rappresenta: la squadra nata in provetta come veicolo per fidelizzare al brand di una bibita energetica. Il rapporto tra le due squadre e tifoserie è da guerra fredda, ovviamente da parte del Friburgo. La squadra ha rilasciato un comunicato in cui diffida la riproduzione di qualsiasi merchandising che metta vicini il suo stemma a quello con i due tori rossi, dalle magliette alle ormai comuni sciarpe bicolore.



Per il Friburgo è stata l’occasione perfetta per prendersi il tifo dei neutrali, ma questa per la squadra è una battaglia anche ideologica con ramificazioni profonde, nel senso che va oltre la battaglia sull’esistenza di entità che si fanno beffa della regola del 50%+1, significa mostrare che un calcio sostenibile, radicato nel territorio, in cui viene dato il tempo necessario ad un progetto per fiorire esiste e può essere una strada alternativa a quella bulimica che sta prendendo il calcio europeo, dove per dirla con le parole di Streich: «il Dio del denaro sta diventando sempre più grande e un giorno ci consumerà tutti».