Prosciutto crudo, boccone amaro: dal Parma al San Daniele, le eccellenze italiane Dop sono in crisi. Che succede?

Prosciutto crudo, boccone amaro: dal Parma al San Daniele, le eccellenze italiane Dop sono in crisi. Che succede?

L’anno avrebbe dovuto chiudersi con una produzione di 8,4 milioni di pezzi. E, invece, secondo le ultime stime ci si potrebbe fermare al di sotto dei 7 milioni. Stiamo parlando dei numeri che riguardano il Prosciutto di Parma, uno dei crudi più noti in Italia e nel mondo. Il 2024, come riportato in un articolo pubblicato su Italia Oggi, è stato difficile per il comparto, alle prese non soltanto con l’aumento dei prezzi, ma soprattutto con le conseguenze della peste suina africana sulla produzione del prosciutto crudo.

Il prosciutto crudo italiano è in crisi?

In merito alla peste suina africana Paesi come Giappone, Cina, Corea del Sud e Taiwan hanno bloccato le importazioni dall’Italia, mentre gli Stati Uniti – dove il crudo di Parma destina il 30% dell’export – ha fermato soltanto i prodotti a bassa stagionatura. Il Fatto Alimentare ha descritto la situazione definendola un disastro. «Quello che è mancato – scrive Roberto La Pira, direttore della testata – è la pressione su governanti ed enti pubblici per adottare i provvedimenti necessari. Altri soggetti della filiera lo hanno fatto ma il loro potere di persuasione è sempre stato molto limitato e non hanno ricevuto la necessaria attenzione».

Sulla situazione per il settore è intervenuto Stefano Fanti, direttore del Consorzio Prosciutto di Parma: «Le condizioni del mercato sono sotto gli occhi di tutti e coinvolgono tutte le Dop. Pesano il calo della produzione suinicola e la corsa senza fine dei prezzi della materia prima». Il picco di produzione risale al 2013, con 9,4 milioni di pezzi. Nel frattempo per il Prosciutto di Parma il prezzo è salito da 27,2 euro/kg (dato 2019) agli attuali 35 euro/kg.

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La situazione non è migliore neppure per un’altra Dop come il San Daniele. Il Calo dei suini e l’aumento dei costi primari, dell’energia, dei trasporti e dei mangimi rappresentano fattori che, in alcuni casi, rendono perfino sconveniente produrre. Tra le soluzioni c’è quella di puntare sull’export. A guadagnarci in questo scenario sono stati i prodotti di fasce più basse, che hanno conquistato fette di mercato.

Che cos’è la peste suina africana?

Come spiega l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie «la peste suina africana (PSA) è una malattia virale dei suidi (suini e cinghiali) causata da un virus della famiglia Asfaviridae, genere Asfivirus, ad esito solitamente infausto, per la quale non esistono vaccini. Gli esseri umani non sono sensibili alla malattia, che comunque è causa di gravi conseguenze socio-economiche nei Paesi in cui è diffusa».

La situazione, per quanto grave, sembra in fase di miglioramento sul fronte PSA. «Per le regioni a più densa popolazione suina, come Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna, è previsto che ogni settimana negli allevamenti da ingrasso sia eseguito il campionamento dei suini morti», si legge su Agronotizie.