C’è ancora tempo per trattare sui dazi. Almeno questa è la strategia adottata dalla Commissione Europea, che preferisce aspettare prima di mostrare le proprie carte in risposta alla decisione di Donald Trump: la Casa Bianca ha annunciato che dal primo agosto introdurrà tariffe al 30% sulle merci importate dal Vecchio continente. La presidente Ursula von der Leyen ha però un altro importante appuntamento per la contabilità dell’Europa: si tratta del bilancio pluriennale 2028-2034 dell’Ue che verrà presentato dopodomani, mercoledì 16 luglio. Nella bozza gli esperti hanno notato un’assenza importante: è stata tolta la proposta delle Web Tax che, in origine, avrebbe riguardato i colossi del tech a stelle e strisce.

Cos’è la web tax?
Fin dalla campagna elettorale 2024 la Silicon Valley e in generale il panorama startup americano hanno visto di buon occhio la corsa di Trump alla Casa Bianca. Secondo Ceo del calibro di Mark Zuckerberg, Bruxelles è un ostacolo agli affari nel Vecchio continente e le frequenti multe su tematiche legate a dati, trasparenza e moderazione dei contenuti rappresentano un problema. Ecco perché Trump ha deciso di raccogliere le istanze delle Big Tech e difenderle di fronte alla “cattiva” Bruxelles.

In Italia c’è la web tax per le grandi aziende del digitale (3% sui ricavi), nota anche come digital service tax e nell’autunno scorso aveva preoccupato non poco l’ecosistema visto che in Legge di Bilancio la proposta era di estenderla a tutte le società innovative. Secondo la bozza originaria del bilancio pluriennale UE, la web tax europea avrebbe dovuto mirare ai colossi quali Meta, Amazon, Apple. Ma le intenzioni dell’Unione Europea è quella di non provocare il tycoon e così sembrerebbe pronta una sostituzione. Vale a dire una tassa più generica incentrata sul fatturato che verrebbe applicata a tutte le società con ricavi annui superiori a 50 milioni di euro.
L’UE nel frattempo ha la necessità non soltanto di confrontarsi con le decisioni umorali di Trump. Il settennato oggetto del bilancio di cui si sta discutendo richiederà molto più risorse. Si legge di 30 miliardi di euro aggiuntivi. Nel prossimo futuro ci saranno gli interessi da pagare sui titoli emessi per finanziare il Recovery Fund, c’è l’incognita della difesa dell’Ucraina dove prima o poi prenderà il via la ricostruzione. E in questa incertezza, il rapporto quotidiano con Trump di certo non aiuta la pianificazione.