Come salvarsi dallo tsunami di AI super efficienti che sta stravolgendo il concetto stesso di lavoro?

Come salvarsi dallo tsunami di AI super efficienti che sta stravolgendo il concetto stesso di lavoro?

Immagina di svegliarti domani e scoprire che un miliardo di nuovi arrivati — poliglotti, super-istruiti e sempre svegli — sono qui a cercare lavoro. Solo che non li incontri in piazza: sono digitali, non mangiano né dormono e chiedono 2 euro al giorno.

Matteo Flora art

Quelle AI pronte a rubarci il lavoro

Ecco la domanda che manda in tilt la mente di chiunque: se agenti digitali, ossia intelligenze artificiali capaci di fare pezzi sempre più grandi del tuo lavoro, arrivassero in massa, che fine farebbero i tuoi task quotidiani? Il tuo business? Non è una distopia, è la realtà 2025 e — spoiler — sta succedendo a ritmi che lasciano la burocrazia italiana nel paleolitico.

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Yuval Harari, io e molti altri ci facciamo questa domanda non per fare filosofia da bar, ma perché le aziende (sì, anche la tua) stanno passando da “spaventate” a “interessate” a “come faccio a licenziare centocinquanta assistenti virtuali pagati in caffè?”. Il problema non sono solo i lavori ripetitivi: la frontiera si sposta anche su ruoli impensabili, e la posta in gioco è altissima.

Come diavolo siamo arrivati qui? Lo scenario dei “miliardi di immigrati digitali” non viene fuori dal niente. Negli ultimi dieci anni, l’AI si è spostata da un giocattolo per smanettoni a risorsa per chiunque sappia premere “play”. L’automazione non è più quella dei robot industriali, ma di agenti software che macinano e-mail, conciliano spese e — sì — generano pure un report credibile per la riunione delle 9. La miccia l’ha accesa la faccenda dei processi modulari: il lavoro moderno, soprattutto quello d’ufficio, è fatto di tanti pezzetti che si ripetono. Gli agenti digitali sono come migranti instancabili: li metti su un task e quello lo fanno meglio, sempre, e per pochi centesimi. Ma attenzione! Non tutti i settori ballano allo stesso ritmo: chi lavora su casi estremamente specifici o richiede relazioni umane profonde dorme ancora sonni (quasi) tranquilli. Restano però sempre meno isole felici. La velocità di adozione non è una moda ma una necessità, dettata dalla pressione globale sulla produttività. E no, non basta opporsi: la storia insegna che chi resiste senza capire si trova tra i dinosauri — e si sa com’è finita per loro.

Morale della favola: non è questione di se il tuo lavoro sarà toccato dagli agenti digitali, ma quando e come. Le aziende stanno già sperimentando modelli “one man billion company”, realtà che, grazie a eserciti digitali privati, gestiscono volumi prima impensabili con squadre umane ridotte all’osso. È come avere una batteria di stagisti virtuali che non scioperano mai: efficienza impensabile, costi in picchiata, ma anche un ripensamento radicale del valore umano nel processo.

Chi pensa che tutto finirà in una stasi sbaglia grosso: i primi che integrano queste tecnologie guadagnano vantaggi competitivi enormi, mentre chi resta a guardare si trova con il telefono che smette di squillare. Soprattutto per freelance, PMI e comparti amministrativi, la scommessa non è più “se digitalizzare”, ma “come cavalcare l’onda senza annegare”. Il mercato non dà tempi biblici per adattarsi.

Cosa significa tutto questo? Se sei manager, imprenditore o semplicemente vuoi mantenere il tuo posto, ignorare la rivoluzione degli agenti digitali è come lasciare la porta aperta durante un’alluvione. Bisogna abituarsi a ragionare in termini di processi scomponibili: quali pezzi del tuo lavoro può già fare (o quasi) un agente digitale? Quali invece sono davvero insostituibili per ora?

Il consiglio tattico è partire subito con piccoli esperimenti — anche solo internalizzare report automatici, customer care AI, automazione della burocrazia di base. Ma, soprattutto, serve imparare a sedere “dalla parte del regista”: chi integra e orchestra sistemi digitali moltiplica la propria produttività invece che subirla. Non serve diventare ingegneri, serve capire come sfruttare — e non essere sfruttati da — questi “immigrati digitali”.

Morale: chi si adatta ora non si limita a sopravvivere, ma mette le basi per diventare leader nel mercato che verrà. Per tutti gli altri, ricorda… la storia l’hai già vista.