Protestavano per chiedere a Microsoft di interrompere i rapporti commerciali con Israele e sono stati arrestati. È quello che è capitato ad almeno 18 dipendenti finiti in manette mentre stavano manifestando nel campus di Redmond (Washington), sede della big tech americana. Gli arresti, secondo quanto riportano i media internazionali, sono scattati durante il secondo giorno di proteste.
Intanto, Microsoft ha promesso una revisione urgente dell’uso della sua tecnologia da parte dell’esercito israeliano. Secondo la polizia, ieri i manifestanti «hanno opposto resistenza e sono diventati aggressivi», a differenza di martedì, quando tutto si era svolto in modo pacifico.
In un comunicato l’azienda ha spiegato: «Continueremo a impegnarci con determinazione per sostenere i nostri standard in materia di diritti umani in Medio Oriente, sostenendo e adottando misure concrete per contrastare le azioni illegali che danneggiano la proprietà, perturbano le attività commerciali o minacciano altre persone».
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Perché protestano
A inizio agosto un’inchiesta del Guardian riportava che l’esercito israeliano starebbe utilizzando la piattaforma di Cloud di Microsoft, Azure, per creare un sistema di sorveglianza di massa, raccogliendo e memorizzando le registrazioni di milioni di telefonate fatte dai palestinesi che vivono a Gaza e in Cisgiordania. Dopo la pubblicazione dell’inchiesta, Microsoft ha dichiarato di essere all’oscuro di quali dati venivano memorizzati su Azure, nonostante siano stati raccolti documenti e testimonianze da 11 diverse fonti – di entrambe le parti – che spiegano questo archivio di comunicazioni tra palestinesi. Intercettazioni che sarebbero state utili, ad esempio, per coordinare attacchi aerei e operazioni via terra.
A febbraio l’Associated Press aveva rivelato come la collaborazione tra Microsoft e il ministero della Difesa israeliano si sia anzi rafforzata dal 7 ottobre 2023 e come la piattaforma cloud Azure fosse una «arma strategica» per trascrivere, tradurre ed elaborare le informazioni raccolte attraverso la sorveglianza di massa che poi venivano concretamente utilizzate sul campo sfruttando i modelli di intelligenza artificiale della multinazionale per incrociarli con i sistemi di puntamento interni di Israele. Già a quei tempi, Microsoft aveva negato che le sue tecnologie fossero sfruttate per colpire i cittadini di Gaza e aveva avviato un’indagine per capire se nell’esercito israeliano si stavano portando avanti degli utilizzi non previsti dai contratti. Dopo l’inchiesta del Guardian, è stato ingaggiato uno studio legale, il Covinton & Burling, per avviare una seconda indagine. Ma nessun risultato al momento è stato pubblicamente condiviso.