Francesca Dominici, la scienziata che schiera i dati per la salute del pianeta. «Nel mio laboratorio rigore e affetto. Alla domenica la lasagna insieme»

Francesca Dominici, la scienziata che schiera i dati per la salute del pianeta. «Nel mio laboratorio rigore e affetto. Alla domenica la lasagna insieme»

«Chi entra nel mio laboratorio entra in famiglia. E non è una metafora: chi lavora con me viene anche a pranzo la domenica, mangia la lasagna e condivide ricerca e vita. Perché la scienza funziona se c’è anche una componente di calore umano». Il pranzo della domenica icona dell’italianità diventa metafora nella ricerca, quella di frontiera: tempi lenti, cura, condivisione. Insomma, pensi di parlare solo ed esclusivamente di dati, di proiezioni, di numeri.

Francesca Dominici – talento italiano oggi di base negli Stati Uniti, epidemiologa e biostatistica, professoressa ad Harvard e tra le voci più autorevoli al mondo sui legami tra ambiente, salute e dati – ti stupisce portandoti in una dimensione umana. Persone e macchine, in questo preciso ordine. Un approccio visionario, quello di Francesca Dominici. Sarà proprio a tenere uno dei più attesi interventi alla Milano Digital Week 2025, la kermesse sull’innovazione digitale e in programma da oggi e fino al 5 ottobre e di cui anche StartupItalia è partner (qui l’intervista a Layla Pavone che spiega il senso dell’iniziativa). Un evento che ogni anno coinvolge istituzioni, imprese, università e cittadini, trasformando Milano in un laboratorio diffuso di esperienze, riflessioni e pratiche sul digitale come leva di cambiamento sociale ed economico.

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Francesca Dominici

Unire i puntini

Dominici nasce in Italia, in tasca una laurea in statistica all’Università La Sapienza e un dottorato all’Università di Padova, ha costruito un ponte tra numeri e vita reale. Dopo alcuni anni alla Johns Hopkins, nel 2009 viene reclutata da Harvard, dove diventa professoressa di biostatistica e guida iniziative che uniscono dati, salute, ambiente e politiche. Oggi è anche direttore dell’Harvard Data Science Initiative ed è membro della National Academy of Medicine e dell’International Society of Mathematical Statistics. Nel 2024 le è stato attribuito il riconoscimento TIME100 Health tra le scienziate più influenti al mondo nella sanità globale.

La sua ricerca si muove su frontiere complesse: inferenza causale, machine learning, analisi di dataset ambientali eterogenei per misurare l’impatto. Unire i puntini: in fondo è questa la sfida. Perché diventa essenziale avere una visione di insieme. Così le sue indagini hanno contribuito a orientare le politiche sulla qualità dell’aria negli Stati Uniti.

Dai dati alle azioni

«L’intelligenza artificiale ha il potenziale di trasformare completamente il modo in cui conduciamo la ricerca, l’istruzione e il business. Da un lato, le opportunità sono infinite, ad esempio nel campo del clima, della salute, dell’educazione e praticamente in ogni ambito della vita umana. Quale azione, ad esempio, può avere l’impatto più significativo nel ridurre l’esposizione all’inquinamento atmosferico e prevenire le malattie? Quali sottopopolazioni sono più vulnerabili agli effetti negativi dei fattori di stress ambientale?». Domande alle quali da una vita Dominici sta provando a rispondere in modo sistemico, plurale, innovativo. Dagli studi che ha intrapreso i benefici netti per la salute pubblica e l’economia sono stati stimati fino a 46 miliardi di dollari entro il 2032. L’ampio raggio di questa piattaforma di dati permette di ottenere preziosi approfondimenti sull’interazione tra i fattori ambientali e la salute pubblica su una scala mai vista prima. «I risultati della ricerca offrono prospettive promettenti per guidare le decisioni politiche in ambito ambientale basate sulle evidenze. Sfruttando la potenza della data science, possiamo promuovere cambiamenti concreti verso un futuro più verde, sano e sostenibile per tutte e tutti», afferma Dominici

L’intervista: la scienza incide sul futuro

Professoressa, avete perso l’accesso ai dati federali sull’inquinamento?
Sì, è vero. Sono stati ritirati dati storici sui monitoraggi. Senza dati gli scienziati non possono fare studi credibili.

Come avete reagito concretamente?
Abbiamo avviato una Data Preservation Initiative di volontari: persone in tutti gli Stati Uniti hanno scaricato copie dei dataset che rischiavano la cancellazione. Oggi quei dati sono custoditi ad Harvard e replicati anche in Europa.

Perché i dati aiutano a scrivere pagine di futuro?
Raccogliendo dati ben armonizzati in una piattaforma unificata, possiamo allenare modelli di intelligenza artificiale che catturano le relazioni complesse tra ambiente, clima e salute. Possiamo suggerire politiche locali, simulare scenari.

Si può parlare oggi di research activism?
Senza dubbio. Quando la scienza rischia di essere silenziata, reagire è dovere. Ma non è attivismo ideologico: è proteggere oggettività, trasparenza, responsabilità. Le startup climate tech, i laboratori indipendenti, l’impegno pubblico diventano avamposti di futuro.

Oggi è più scienziata o startupper?
Al momento sono al 90 % scienziata e al 10 % startupper, ma nei prossimi anni intendo spostare questa proporzione verso l’impatto concreto con startup su infrastrutture, emissioni, salute urbana.

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Nel 2024 a Francesca Dominici è stato attribuito il riconoscimento TIME100 Health

Nei laboratori silos verticali o visione trasversale?
Per incidere non basta la statistica, ma servono anche filosofia, etica, medicina, diritto. I dati vanno costruiti, interpretati, regolamentati. Dobbiamo essere verticali nelle competenze, ma anche trasversali nell’approccio.

Hard skills o soft skills?
Non esiste gerarchia: servono entrambe. Se non sai programmare non capisci come funziona un modello. Ma se non sai ascoltare, motivare, costruire fiducia il team inciampa. L’intelligenza emotiva è indispensabile.

E l’intelligenza artificiale come la definisce?
È un copilota, ma con precauzioni. Vanno dati compiti ben definiti, poco rischiosi. Non può diventare il medico, il giudice, l’amministratore quando non hai la certezza. Il rischio è l’uso irresponsabile.

Il bicchiere: mezzo pieno o mezzo vuoto?
Sono ottimista. Da sempre. La ricerca, le persone, la comunità scientifica, le tecnologie: servono tenacia e spirito collettivo. Il cambiamento climatico e la salute ci mettono alla prova, ma guardo al domani con speranza.