Economia circolare: il cambiamento parte dai materiali che scartiamo

Avrai sicuramente sentito parlare o letto almeno una volta di economia circolare. Il Parlamento europeo, nel suo sito ufficiale, ne dà questa definizione: “Modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile”. E aggiunge: “Si estende il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo”. Una definizione importante, vista la pubblicazione di un recente studio su Environmental Science and Pollution Research, che riguarda la valorizzazione dei materiali di scarto. Ciò che buttiamo può trasformarsi in una nuova risorsa utile e redditizia. Scienza e tecnologia hanno fatto progressi anche a livello chimico ed energetico.

Due ricercatori, Konstantinos Moustakas e Maria Loizidou, hanno analizzato la trasformazione dei rifiuti come motore di innovazione e di sviluppo. Ogni anno produciamo miliardi di tonnellate di rifiuti che finiscono in discarica. Questa situazione minaccia sia gli ecosistemi che la salute pubblica. La valorizzazione dei materiali di scarto contrasta questa tendenza.

Tecniche come la digestione anaerobica o la gassificazione estraggono sia energia che nuovi materiali dai rifiuti. Soprattutto l’energia ricavata è utile a livello produttivo: questa è il senso dell’economia circolare, ciò che finisce il suo ciclo e va verso la discarica rinascono come nuova cosa. Le filiere produttive così diventano più sostenibili ma anche poli di innovazione e creatività.

innovazioni nell'economia circolare

L’economia circolare coinvolge fino allo smaltimento imprenditori, consumatori, politici e amministratori lungimiranti

Lavorare sui materiali di scarto significa cercare modelli di business e politiche responsabili e lungimiranti. Servono imprenditori che sappiano cogliere l’occasione del riciclo dei materiali e politici o amministratori capaci di pensare sia al presente che al futuro. Moustakas e Loizidou parlano soprattutto di responsabilità estesa del produttore, che implica la gestione dell’intera vita dei prodotti, fino allo smaltimento. Le imprese, in quest’ottica, sono portate a progettare beni più durevoli e servizi dedicati al riciclaggio.

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Hanno un ruolo anche i consumatori? Secondo i due studiosi sì, ma bisogna renderli partecipi e consapevoli. Si può partire dalle scuole, dove si parla molto di ambiente, e da campagne di sensibilizzazione. Le leggi sono importanti perché disincentivano i comportamenti scorretti, ma per superare l’indifferenza o la non conoscenza servono informazione e partecipazione.

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