Dalle Alpi al resto del mondo: due ventisettenni italiani costruiscono i data center del futuro

Dalle Alpi al resto del mondo: due ventisettenni italiani costruiscono i data center del futuro

Giovanissimi, costruiscono in giro per il mondo data center innovativi che generano potenza di calcolo per le nuove tecnologie. Loro sono Francesca Failoni e Francesco Buffa, hanno 27 anni e guidano Alps, scaleup internazionale che unisce energia e tecnologia. Lei è la CFO e ha appena vinto il premio GammaDonna dedicato all’imprenditoria femminile. Lui è il CEO.

eleonora chioda venti di futuro

Come nasce Alps

La loro storia parte sui banchi di scuola. Avevano diciannove anni, una passione per la blockchain e un’intuizione semplice: utilizzare le centrali idroelettriche per produrre potenza di calcolo. Da quella visione, nata tra le montagne del Trentino, è cominciata la loro impresa. Con un capitale sociale di 10mila euro fondano Alps Blockchain. Alps perché la startup nasce sulle Alpi («e perché fare impresa è un po’ come scalare le montagne») e Blockchain perché si occupano di mining di criptovalute, un’attività industriale a tutti gli effetti che trasformano in un motore di sviluppo sostenibile e di valorizzazione locale.

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Francesca Failoni e Francesco Buffa

«Eravamo compagni di liceo, uniti dalla curiosità per le nuove tecnologie e dal desiderio di costruire qualcosa di nostro. La blockchain era agli inizi, ma abbiamo capito la rivoluzione. La tecnologia avrebbe avuto bisogno di energia per sostenere la potenza di calcolo di quei computer che servono a validare tutte le transazioni sulla rete».

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Francesca Failoni

Il mining di Bitcoin funziona raccogliendo le transazioni in blocchi, che devono essere verificati attraverso complessi calcoli crittografici. «Un processo che richiede una potenza di calcolo enorme. Noi abbiamo scelto di renderlo un attore virtuoso del sistema energetico: cerchiamo energia non sfruttata, la utilizziamo per il mining e la trasformiamo in infrastrutture digitali e impatto positivo sul territorio».

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Il colpo d’occhio di uno dei data center

Come fate? «Lo abbiamo capito quando abbiamo scoperto il mondo dell’idroelettrico. Abbiamo visto che i gestori vendevano l’elettricità a un prezzo irrisorio, spesso meno di un quarto del valore di mercato. E molti impianti, finiti gli incentivi statali, venivano lasciati in disuso. Abbiamo intuito che c’era uno spazio: potevamo installare i nostri computer direttamente dentro le centrali, ridando vita a strutture ferme e trasformando l’energia pulita in potenza di calcolo».

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L’impianto in Oman

In pochi anni Alps Blockchain sviluppa più di venti impianti nel Nord Italia. A sostenerli, un primo investimento di Azimut da 40 milioni di euro. «A un certo punto volevamo costruire impianti di nostra proprietà, ma la normativa italiana ce lo impediva. Così siamo partiti per cercare luoghi dove poterlo fare: Paraguay, Ecuador, Oman, Stati Uniti». Il primo Paese è proprio il Paraguay, dove l’energia idroelettrica è sovraprodotta e spesso svenduta al Brasile. «Il Paese stava incentivando molti progetti di autoconsumo per creare valore all’interno delle comunità. Siamo riusciti a fare accordi energetici con gli operatori del settore e a costruire i nostri data center. Quando realizzi un impianto in un Paese, investi anche nella rete elettrica e nella distribuzione dell’energia. E questo vuol dire creare lavoro e sostenere la transizione energetica ».

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Con gli impianti di proprietà cambia anche la loro visione. E Alps Blockchain diventa semplicemente Alps. «Il rebranding segna la nostra evoluzione: non ci occupiamo più solo di blockchain, ma di infrastrutture tecnologiche. Creiamo e gestiamo data center aperti anche all’intelligenza artificiale e per tutte le tecnologie che richiedono potenza di calcolo».

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Francesco Buffa

Oggi Alps ha impianti in cinque Paesi: Oman, Stati Uniti, Paraguay, Ecuador e Bolivia. Ogni scelta geografica è legata a una strategia. «In Ecuador», spiega Failoni, «lavoriamo con due centrali idroelettriche del principale produttore privato del Paese, che non erano più collegate alla rete di distribuzione. Abbiamo installato i nostri impianti accanto alle centrali, nel cuore della foresta amazzonica, riattivandole e riportandole a produrre energia».

In Oman, invece, il progetto si inserisce nella strategia nazionale Oman Vision 2040, che mira a ridurre la dipendenza dal petrolio. «Utilizziamo l’energia di un impianto a gas naturale nel deserto, che altrimenti andrebbe sprecata. L’obiettivo è valorizzare ogni fonte esistente e reinvestire nella costruzione di progetti rinnovabili, come solare ed eolico».

Intanto da Azimut raccolgono altri 110 milioni e a questi si uniscono altri investitori, per un totale di 250. Figlia di una commercialista e di un ex funzionario, Francesca Failoni ha una laurea triennale in Economia e management e una magistrale in Management delle tecnologie dell’innovazione a Trento. «Abbiamo sempre voluto costruire qualcosa di concreto, in un settore che ci appassionava davvero. La blockchain era nuova e incompresa: vedevamo tanti progetti poco concreti, ma intuivamo le potenzialità della tecnologia».

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Francesca Failoni ha appena vinto il premio GammaDonna dedicato all’imprenditoria femminile

All’inizio non è stato facile. «Parlavamo con i produttori di energia, persone abituate a un business model tradizionale, e ci vedevano solamente come due ragazzini. E abbiamo preso molte porte in faccia. Come donna, le difficoltà sono state anche maggiori. A volte non venivo nemmeno invitata alle call. Così mi collegavo io al posto di Francesco, per far capire che c’eravamo entrambi».

Oggi qualcosa è cambiato. «Abbiamo credibilità ed essere una donna, in un contesto prettamente maschile, è quasi un vantaggio. Spesso sono l’unica presente ai panel e la cosa genera curiosità». Nel frattempo Alps continua a crescere: 25 persone a Trento e team locali nei cinque Paesi in cui opera. L’azienda produce 15 exahash di potenza di calcolo. «Siamo tra le prime dieci aziende al mondo per volumi e seconda per efficienza».

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Particolare di un data center

Qual è il segreto? «Non c’è un segreto. Quello che ha funzionato nel nostro caso è la resilienza: cercare ogni giorno di fare qualcosa meglio del giorno prima, prendersi rischi importanti e restare allineati sui valori e sugli obiettivi. Essere in due, con la stessa visione, ci ha aiutato». Francesca Failoni lo ripete: «Il team è tutto. Vale più delle idee. È la cosa più importante. Se siamo riusciti a sviluppare tutto questo è grazie alle persone che ogni giorno lavorano in Alps. Creare un gruppo coeso, che spinge verso un obiettivo comune, è la parte più difficile ma anche la più bella».

E il futuro? «Immagino un futuro in cui riusciremo a creare sempre più impianti e arrivare tra le prime cinque aziende al mondo che costruiscono data center».
Poi sorride: «Mi piacciono le sfide. Stiamo lavorando a un’operazione che ci farà fare uno step in avanti». Tra gli obiettivi anche la Borsa. Intanto si gode il premio GammaDonna, che dal 2004 premia l’imprenditoria femminile innovativa. «Non mi aspettavo di vincere. È una grandissima soddisfazione e un grande onore. Spero di fare la mia parte e contribuire a portare in alto l’imprenditoria femminile italiana».