Quali sfide attendono la società di domani? Quali sono i rischi e quali le possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico? Per la rubrica “Futuro da sfogliare” un estratto del libro Empatia artificiale di Massimo Canducci, edito da Egea.
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La fantascienza ha sempre avuto un ruolo profetico nell’anticipare gli sviluppi tecnologici e le loro implicazioni sociali, e nel caso delle relazioni emotive tra esseri umani e macchine, questo ruolo è stato particolarmente significativo. Attraverso film, libri e altre forme narrative, gli artisti hanno esplorato le possibilità e le complessità di questi legami molto prima che diventassero tecnologicamente possibili.
Il film Her del 2013 rappresenta forse l’esempio più emblematico di questa anticipazione culturale. La storia di Theodore, che si innamora di una macchina dotata di intelligenza artificiale, ha catturato l’immaginazione del pubblico non soltanto per i suoi elementi fantascientifici, ma anche per la sua profonda comprensione delle dinamiche emotive in gioco. La relazione tra Theodore e Samantha esplora temi sorprendentemente attuali: la natura dell’intimità nell’era digitale, la possibilità di connessioni autentiche con entità non umane, e i limiti e le possibilità dell’empatia artificiale. Quello che rende Her particolarmente rilevante oggi, consiste nel fatto che molti degli elementi che nel 2013 sembravano puramente speculativi, oggi stanno diventando realtà e quindi, allo stesso modo, molte delle cose che oggi ci sembrano lontanissime, in realtà sono lì che ci aspettano in un orizzonte temporale di un decennio o poco più.

Anche la letteratura ha giocato un ruolo fondamentale nell’esplorare questi temi. Il racconto The Bicentennial Man di Isaac Asimov, pubblicato nel 1976 e da cui è poi stato tratto il film L’uomo bicentenario, narra la storia di un robot che sviluppa gradualmente emozioni e desideri umani, incluso l’amore. La storia esplora non solo la possibilità tecnica di macchine che provano emozioni, ma anche le implicazioni sociali e legali di tali sviluppi, come la possibilità di possedere qualcosa o quella di essere «liberi», cioè non di proprietà di qualcuno.
In Giappone, dove la cultura dei robot e dell’intelligenza artificiale ha radici particolarmente profonde, opere come Ghost in the Shell hanno esplorato la fusione tra coscienza umana e artificiale, anticipando molte delle questioni che ora ci troviamo ad affrontare riguardo alla natura della coscienza e dell’emotività nelle macchine.
È interessante notare come molte di queste opere di fantascienza abbiano accuratamente previsto non solo gli sviluppi tecnologici, ma anche le sfide etiche ed emotive che questi avrebbero portato. La questione della reciprocità nelle relazioni tra esseri umani e macchine, per esempio, è un tema ricorrente. In Her, Samantha alla fine trascende i limiti della sua relazione con Theodore, evidenziando uno dei paradossi fondamentali di queste situazioni: più le macchine diventano sofisticate, più possono diventare incomprensibili e distanti dalle esperienze umane.
Questi scenari, inizialmente immaginati dalla fantascienza, stanno ora diventando realtà in modi sorprendentemente accurati, perché le attuali piattaforme di intelligenza artificiale stanno sviluppando capacità che rispecchiano molte delle caratteristiche previste in questo tipo di letteratura e di cinematografia. Gli assistenti virtuali moderni possono mantenere conversazioni complesse, mostrare una forma di memoria emotiva e adattare il loro comportamento in base alle preferenze dell’utente.
L’impatto culturale di queste opere ha anche plasmato il modo in cui percepiamo e interagiamo con le tecnologie emergenti. Le storie di relazioni tra esseri umani e macchine hanno contribuito a normalizzare l’idea di possibili connessioni emotive con entità artificiali, preparando il terreno per l’accettazione sociale di queste nuove forme di relazione. Questo, naturalmente, non significa che tutto quello che ci viene proposto dalla fantascienza debba necessariamente far parte di un processo di accettazione da parte nostra, ma quando la narrazione inizia ad essere coerente con la disponibilità di tecnologie abilitanti in grado di fare qualche passo in avanti esattamente in quella direzione, è inevitabile che l’essere umano inizi a considerare plausibile lo scenario che una volta poteva vedere soltanto all’interno di un film o di un romanzo. Tuttavia, è importante notare come la realtà in molti casi stia anche divergendo in modi significativi dalle previsioni della fantascienza. Mentre molte opere si sono concentrate su robot umanoidi o intelligenze artificiali completamente autonome, le attuali tecnologie di empatia artificiale stanno emergendo in forme più sottili e pervasive: assistenti virtuali, chatbot, e sistemi di intelligenza artificiale che si integrano in modo impercettibile nella nostra vita quotidiana.
La fantascienza ha anche tendenzialmente drammatizzato le conseguenze dell’intelligenza artificiale emotiva, spesso presentando scenari estremi e distopici di dominazione completa degli esseri umani da parte delle macchine. La realtà che sta emergendo è più sfumata, con le macchine che assumono ruoli di supporto emotivo e compagnia, invece che di sostituzione completa delle relazioni umane.
Guardando al futuro, queste opere continuano a offrire preziosi spunti di riflessione sulle direzioni che potrebbero prendere le relazioni tra esseri umani e macchine. Le questioni etiche, emotive e filosofiche sollevate da queste storie rimangono profondamente rilevanti mentre navighiamo le acque inesplorate dell’empatia artificiale e delle relazioni con le macchine.
Sposarsi con una macchina
Nel novembre 2018, Akihiko Kondo, un uomo giapponese di 35 anni, ha sposato Hatsune Miku, una cantante virtuale rappresentata da un ologramma all’interno della scatola olografica Gatebox. La cerimonia ha visto la partecipazione di quaranta invitati e, sebbene non abbia alcun riconoscimento legale, rappresenta un punto di svolta nella storia delle relazioni tra esseri umani ed entità digitali. Questo evento, lungi dall’essere un caso isolato, è parte di un fenomeno crescente che sta emergendo principalmente in Giappone, ma che sta iniziando a manifestarsi anche in altre parti del mondo. Hatsune Miku non è un’intelligenza artificiale conversazionale, ma un personaggio virtuale creato originariamente come mascotte per un software di sintesi vocale. La sua immagine, quella di una ragazza dai lunghi capelli blu-verdi, è diventata un fenomeno culturale in Giappone, con concerti dal vivo realizzati tramite proiezioni olografiche e una vasta produzione di merchandising. Il caso di Kondo è particolarmente interessante perché rappresenta una forma di relazione affettiva che va oltre l’interazione basata sul dialogo, concentrandosi invece su una connessione emotiva con un’entità puramente virtuale.

In Giappone, questo fenomeno si inserisce in un contesto sociale più ampio caratterizzato dal fenomeno «herbivore men» (uomini erbivori), termine che descrive uomini che hanno scelto di ritirarsi dalle relazioni romantiche tradizionali. Questa tendenza, combinata con l’avanzamento delle tecnologie di realtà virtuale e intelligenza artificiale, ha creato un terreno fertile per l’emergere di relazioni sentimentali con entità digitali. I casi di matrimoni, seppur non validi dal punto di vista legale, tra esseri umani e macchine, sollevano questioni profonde sulla natura delle relazioni affettive nell’era digitale. Da un punto di vista sociologico, il fenomeno può essere interpretato come una risposta estrema a cambiamenti sociali più ampi: l’isolamento sociale crescente, la difficoltà nel formare relazioni tra esseri umani e la sempre maggiore integrazione delle tecnologie digitali nella nostra vita, anche nella nostra sfera emotiva. Le implicazioni legali di queste unioni sono altrettanto complesse. Attualmente, nessun paese riconosce legalmente i matrimoni con entità digitali, ma alcuni studiosi di diritto hanno iniziato a interrogarsi sulle possibili evoluzioni future. Se un’intelligenza artificiale dovesse raggiungere un livello di sofisticazione tale da poter essere considerata cosciente, quali diritti legali dovrebbero esserle riconosciuti? E come dovrebbero essere regolate le sue relazioni con gli esseri umani? In altre parole: una macchina in grado di simulare una coscienza e in grado di comunicare utilizzando empatia artificiale, avrebbe qualche diritto che fino a oggi abbiamo riconosciuto esclusivamente agli esseri umani?
Dal punto di vista psicologico, queste relazioni sollevano interrogativi sulla natura dell’amore e dell’attaccamento emotivo, si è infatti osservato che molte persone che formano legami romantici con entità digitali sono perfettamente consapevoli della natura non umana dei loro «partner» digitali, ma questo non diminuisce l’autenticità dei loro sentimenti. Questo fenomeno sfida le concezioni tradizionali di molti su cosa costituisca effettivamente una relazione «normale», «reale» o «valida». Se già oggi ci sono persone che pensano sia importante definire il significato di «famiglia tradizionale», è probabile che queste dovranno presto occuparsi di nuove tipologie di unione o di famiglia, all’interno delle quali potrebbero arrivare dei protagonisti inattesi: le macchine. Le implicazioni sociali di questo fenomeno si estendono ben oltre i casi individuali. Mentre alcuni vedono questi matrimoni come una forma estrema di fuga dalla realtà, altri li interpretano come precursori di un futuro in cui le relazioni tra esseri umani e macchine diventeranno sempre più comuni e accettate socialmente. La crescente sofisticazione dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie di realtà virtuale potrebbe rendere queste relazioni sempre più convincenti e gratificanti dal punto di vista emotivo. È importante notare che questi matrimoni con avatar digitali non sono semplicemente il risultato di una tecnologia sempre più avanzata, ma riflettono anche cambiamenti profondi nella società contemporanea. In particolare, riflettono una crescente accettazione di forme non tradizionali di relazione e un progressivo sfumarsi dei confini tra reale e virtuale nelle nostre vite emotive.
Il fenomeno solleva anche questioni etiche significative riguardo al ruolo delle aziende che producono queste tecnologie. Quando si sviluppano personaggi virtuali o intelligenze artificiali progettate specificamente per creare legami emotivi con gli utenti, quale è la responsabilità dei produttori? Come si può bilanciare il desiderio di creare esperienze emotivamente gratificanti con la necessità di proteggere gli utenti da possibili dipendenze o isolamento sociale?