L’educazione finanziaria è arrivata ufficialmente in classe. Già nella scuola dell’infanzia si imparano giocando i concetti di scambio, baratto, risparmio. Alle elementari si inizia a riconoscere la funzione del denaro, fino ad affrontare prestiti, investimenti e inflazione alle superiori. La svolta è arrivata con il DDL Capitali, poi diventato Legge n. 21/2024, che ha introdotto l’educazione finanziaria in modo organico in tutte le scuole, anche per colmare il gap di competenze evidenziato da indagini come PISA-OCSE [qui si potrebbe inserire il LINK all’articolo precedente]. L’obiettivo è formare cittadini attivi, consapevoli e responsabili, capaci di orientarsi tra gestione del denaro, risparmio, investimento, opportunità e rischi economici, anche digitali.
Il valore dell’educazione finanziaria a scuola
Il ruolo della scuola è doppiamente cruciale. Da un lato, è il canale più efficace per raggiungere tutti, indipendentemente dall’ambiente di origine, superando le disuguaglianze socioeconomiche che spesso si riflettono anche nelle competenze finanziarie. Dall’altro, produce un effetto catalizzatore nelle famiglie: porta i temi economici nelle case di studentesse e studenti e contribuisce indirettamente a una crescita delle competenze anche dei genitori, soprattutto dove livelli di istruzione e reddito sono più bassi. L’alfabetizzazione finanziaria diventa così uno strumento di equità e partecipazione. Un beneficio che ricade su tutti: maggiore benessere individuale, meno disuguaglianze e una cittadinanza più attiva e consapevole.
Cosa cambia con la nuova legge
L’educazione finanziaria non è stata introdotta come materia autonoma, ma come parte integrante dell’Educazione civica. I contenuti devono rientrare nelle 33 ore annuali già previste e tra i tanti temi di questo insegnamento trasversale, che spazia dalla Costituzione all’ambiente.
L’articolo 25 della legge Capitali, che modifica la normativa del 2019 sull’Educazione civica, riconosce per la prima volta in modo esplicito «il diritto al risparmio, all’investimento, all’educazione finanziaria e assicurativa e alla pianificazione previdenziale», anche con riferimento all’uso delle tecnologie digitali e alle nuove forme di finanza sostenibile.
L’insegnamento è affidato ai docenti delle discipline giuridiche ed economiche, se disponibili nelle scuole superiori. Negli altri casi l’incarico è condiviso tra più insegnanti. La natura trasversale degli argomenti richiede sempre la collaborazione di tutti i docenti, così da garantire un approccio interdisciplinare.
I programmi scolastici: dal salvadanaio alla previdenza
La progressione dei contenuti è graduale e calibrata per età degli studenti. Si va dalla gestione del denaro all’inflazione, dagli strumenti finanziari ai rischi digitali. La metodologia privilegia un approccio pratico, supportato anche da materiali multimediali e giochi educativi. I programmi sono definiti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito insieme a Banca d’Italia, Consob, altri enti di vigilanza e al Comitato Edufin, istituito proprio per promuovere iniziative di sensibilizzazione ed educazione finanziaria.
Nella scuola primaria, l’obiettivo è familiarizzare con il valore e la funzione del denaro. I bambini imparano a gestire piccole somme e a ideare semplici piani di spesa e di risparmio. Alle scuole medie la prospettiva si amplia: si lavora sulla pianificazione del budget personale, sulla comparazione tra prodotti e forme di pagamento, sulle funzioni di istituti bancari e assicurativi. Alle superiori l’insegnamento diventa più articolato e mirato alla formazione dei futuri adulti. Studentesse e studenti analizzano le variazioni del valore del denaro nel tempo, studiano inflazione e tasso d’interesse, acquisiscono conoscenze sulle diverse forme di accantonamento, investimento e risparmio. Approfondiscono il ruolo di banche, assicurazioni e operatori finanziari. E imparano a gestire le proprie risorse nel rispetto delle regole, valutando opportunità e rischi e attuando strategie di tutela e valorizzazione del patrimonio.
Una partenza a macchia di leopardo
Lo scorso anno scolastico è stato un banco di prova. Secondo uno studio presentato a giugno 2025 alla Camera dei Deputati durante l’evento “Educazione finanziaria a scuola. Facciamo il punto!”, promosso da Alleanza Assicurazioni e AIEF (Associazione Italiana Educatori Finanziari), solo una scuola su due ha avviato percorsi strutturati di educazione finanziaria. I docenti dichiarano che nel 50% dei casi i contenuti sono stati inseriti nelle ore di Educazione civica, nel 40% in altre materie, come matematica o diritto, mentre nel 10% non è stata indicata una collocazione. La buona notizia è che l’interesse degli studenti è alto: il 98% partecipa attivamente alle lezioni. Anche le famiglie accolgono con favore la novità su un tema che a casa è ancora poco affrontato: solo il 23% dei genitori parla regolarmente di soldi con i figli.
Nonostante il riscontro positivo, lo studio evidenzia una disomogeneità nell’attuazione della legge e la necessità di rafforzare il supporto ai docenti, in termini di formazione e materiali didattici. Un’analisi del primo anno è stata presentata di recente anche dal Comitato Edufin.
La legge ha aperto la strada e il primo passo è fatto, ma serviranno continuità, risorse e impegno condiviso perché l’alfabetizzazione finanziaria arrivi a tutti i giovani e si diffonda anche oltre le aule.
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