Nel labirinto dove tecnologia e umanità si incrociano, c’è una verità che molti dimenticano: l’AI può plasmare strumenti straordinari, ma non può plasmare chi li governa. È qui, in questo spazio di confine, fra codice e cuore, tra scalabilità e leadership, che cresce una nuova esigenza per chi guida la rivoluzione delle startup. Perché l’algoritmo non basta: per crescere bisogna restare umani nel ritmo vertiginoso dell’innovazione.
Paola Albanese ha trasformato questa intuizione in una missione. Dopo quindici anni trascorsi a costruire e portare al traguardo una digital agency, oggi guida ReYou Global, un progetto di executive coaching dedicato ai founder e agli executive che devono navigare non solo il mercato, ma la propria dimensione emotiva e relazionale nell’era dell’AI
Un approccio che porterà anche a SIOS25 Winter, il 17 dicembre, a Palazzo Mezzanotte, dove si incrociano visioni, capitali e leadership dell’ecosistema startup.
Qui racconta come, in un mondo dove si parla sempre più di dati, metriche e automazioni, la differenza si giochi ancora sulle relazioni, sulla credibilità e sull’identità di chi guida l’innovazione.
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Paola, perché avete scelto di partecipare a SIOS25 Winter e cosa vi aspettate concretamente dall’evento?
Ho scelto di partecipare a SIOS25 Winter perché il tema “Humans” di quest’anno riflette esattamente il cuore del mio lavoro: la dimensione umana come elemento determinante per lo scaling delle startup. Dopo quindici anni come co-founder nel settore digitale e un’exit strategica alla guida dell’agenzia digitale Sembox, acquisita da Eskimoz nel 2024 quest’anno mi sono specializzata in Professional Coaching ICF (International Coaching Federation) per portare nell’ecosistema startup un approccio che integra competenze di business e sviluppo della leadership umana.
Cosa significa, concretamente, portare la dimensione umana dentro i processi di crescita delle startup?
Significa riconoscere che lo scaling non è solo una questione di numeri, ma di persone. Concretamente, da SIOS mi aspetto di incontrare founder, manager e team che stanno vivendo le sfide dello scaling; di connettermi con fondi, acceleratori e hub che cercano supporto strutturato per il loro portfolio; e di creare un confronto su come la dimensione umana, intelligenza emotiva, empatia, consapevolezza, possano determinare risultati di business tangibili.
In che modo SIOS rappresenta uno snodo strategico per il tuo percorso attuale?
SIOS rappresenta per me l’occasione ideale per presentare il mio servizio di coaching e il mio brand ReYou Global alla community startup italiana, in un contesto che valorizza l’Umanesimo Digitale: esattamente ciò che il mio approccio di coaching incarna.
Qual è il nucleo della vostra attività: che cosa fate e per chi lo fate?
ReYou Global è professional coaching specializzato per l’ecosistema delle startup nell’era dell’AI. Il nucleo della mia attività è aiutare founder, executive e team a sviluppare la capacità interna di navigare la complessità, non solo strategie per gestirla.
Su quali livelli intervenite e con quali target?
Lavoro su tre livelli. Il primo riguarda le startup in scaling, con percorsi 1:1 e workshop per founder e team executive che devono evolvere come leader alla stessa velocità con cui scala l’azienda. Il focus è su comunicazione efficace con board e investitori, delega efficace, gestione della pressione e chiarezza decisionale.
E il rapporto con il mondo degli investitori?
Il secondo livello coinvolge fondi e acceleratori, attraverso programmi strutturati per le portfolio companies che integrano obiettivi di business e sviluppo delle capacità umane di leadership. Perché gli investitori lo sanno bene: valutano per il 50% il progetto e per il 50% chi hanno davanti.
Che ruolo hanno hub e incubatori in questo ecosistema?
Il terzo livello riguarda hub e incubatori, con programmi di coaching su temi come investor relations, team alignment e leadership in fase di crescita accelerata. Il mio approccio si basa su un principio chiaro: le startup non falliscono per il prodotto, ma quando le competenze di business non si integrano con quelle umane. Lavoro su intelligenza emotiva, empatia applicata e consapevolezza come elementi distintivi che permettono alle competenze business di esprimersi davvero.
Su quale tecnologia, metodo o competenza distintiva si basa la vostra soluzione?
La nostra competenza distintiva è l’integrazione di tre dimensioni.
Partiamo dall’esperienza imprenditoriale.
La prima è l’esperienza imprenditoriale vissuta: quindici anni come co-founder e Managing Director di Sembox, digital marketing agency con exit strategica nel 2024 grazie all’acquisizione da parte di Eskimoz Group. Ho navigato personalmente scaling, fundraising, gestione dei team, investor relations e pressione decisionale. So cosa significa dall’interno.
Come entra in gioco il coaching?
La seconda è rappresentata dalle metodologie di coaching trasformativo. Sono Professional Coach accreditata ICF (International Coaching Federation), con un focus su approcci che lavorano sull’identità di leadership, non solo sulle competenze tecniche.
E il legame con l’era dell’AI?
La terza dimensione è la specializzazione sull’ecosistema startup nell’era dell’AI. Il mio posizionamento è chiaro: first executive coaching for the AI era. L’intelligenza artificiale accelera tutto, tranne la capacità umana di evolversi. Questo crea un gap che il coaching può colmare.
In cosa consiste, nel concreto, il tuo metodo di lavoro?
Il metodo è molto chiaro: non do consigli e non definisco strategie – quello è consulenza. Lavoro sulla capacità interna del leader di trovare le proprie risposte, sviluppare consapevolezza e navigare l’ambiguità. L’approccio è “verticale + orizzontale”: sessioni 1:1 personalizzate e workshop di gruppo per funzione o challenge specifica. E la misurazione è sempre legata a metriche di business concrete – retention, chiarezza decisionale, credibilità con gli investitori – non a una generica “crescita personale”. Ciò che mi distingue è che parlo la lingua dei founder perché lo sono stata.
A che stadio di sviluppo siete oggi?
Siamo in una fase early-stage, con il lancio del brand e il go-to-market avviati come libera professionista.
Come si articola oggi l’offerta?
Il prodotto comprende programmi di coaching strutturati per startup: percorsi 1:1 e workshop tematici. L’offerta è pensata per tre target – startup in scaling, fondi e acceleratori, hub e incubatori – e il brand ReYou Global è stato lanciato nel secondo trimestre del 2025.
Su quale mercato vi state concentrando?
Il focus iniziale è sull’ecosistema startup italiano. Il target primario sono founder e team executive in fase di scaling, post-seed e Series A/B. Il target B2B comprende fondi e acceleratori che cercano supporto strutturato per le portfolio companies.
Che tipo di traction state registrando?
Ci sono già clienti individuali attivi in percorsi 1:1 e partnership in sviluppo con fondi, hub e acceleratori. I prossimi step strategici sono il consolidamento di collaborazioni con due o tre acceleratori o fondi chiave, lo sviluppo di case study misurabili su metriche di business e l’espansione della presenza nell’ecosistema attraverso speaking, eventi e contenuti. SIOS25 rappresenta il momento di lancio pubblico del brand verso la community startup italiana.
Qual è la vostra prossima sfida strategica?
La prossima sfida è posizionarsi come partner strategico riconosciuto dall’ecosistema startup, diventando un riferimento per l’integrazione tra performance di business e sviluppo della leadership umana nell’era dell’AI.
Cosa significa, in pratica, questo posizionamento?
Significa validare l’impatto del coaching con metriche di business concrete, scalare attraverso partnership B2B e posizionare il coaching non come un “nice to have”, ma come una componente strategica dello scaling.
Quali partnership sono fondamentali per raggiungere questo obiettivo?
Le partnership chiave sono quattro. La prima con fondi VC e acceleratori, per offrire coaching strutturato alle portfolio companies. La seconda con hub e community startup, con cui sono già in corso collaborazioni.
E la terza?
La terza con corporate innovation hub e aziende che acquisiscono startup – come Eskimoz Group – per supportare processi di integrazione e allineamento culturale post-M&A. Infine, università e business school, per portare la dimensione dello sviluppo della leadership umana nella formazione imprenditoriale. L’obiettivo è creare un network di partner che riconoscono una verità spesso citata ma poco strutturata: il successo di una startup è per il 50% il progetto e per il 50% la persona. E quello stesso 50% umano merita lo stesso livello di supporto strutturato dell’altro.