Le vacanze di Natale? Si organizzano con l’AI. «Le strategie digitali per aiutare il turismo»

Le vacanze di Natale? Si organizzano con l’AI. «Le strategie digitali per aiutare il turismo»

Quali sfide attendono la società di domani? Quali sono i rischi e quali le possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico? Per la rubrica “Futuro da sfogliare” un estratto del libro Travel Communication Design di Francesca Ferrara, Dario Flaccovio Editore.

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Gli eventi nel settore turistico da marzo 2020 hanno subito un arresto e questo ha incentivato l’uso delle piattaforme di comunicazione online come Teams di Microsoft, Google Meet, StreamYard, Zoom e ha portato le organizzazioni a sviluppare webinar e trasmissioni in live streaming su Facebook, LinkedIn, Instagram, YouTube e ClubHouse (oggi non più frequentato come nel 2020-2021) e a riattingere a tecnologie già mature da oltre un decennio, come Second Life, al suo debutto in Italia. L’esperienza di GECO è un esempio: una fiera virtuale sulla sostenibilità che offre a tutti i suoi partecipanti e visitatori l’esperienza immersiva di un evento in un ambiente virtuale e interattivo, personalizzato per confrontarsi sui temi del turismo, mobilità ed energia sostenibile, economia circolare, eco-food.

Nel frattempo, sono maturate le esperienze delle nuove piattaforme virtuali aspiranti al metaverso come Roblox, Spatial, Sansar, Decentraland, SineSpace e Sandbox. Senza dimenticare il progetto più grande di Mark Zuckerberg con la creazione del metaverso di Facebook, motivo per cui ha cambiato il nome da Facebook Company a Meta Platforms Incorporation (Social Metaverse Platforms).

Nel 2021, durante l’evento Facebook Connect, Zuckerberg dichiarava: «Il metaverso sarà il successore dell’internet mobile». Se il metaverso è il futuro delle connessioni digitali, è anche importante sottolineare che, ad oggi, abbiamo tante piattaforme immersive ma nessuna è un reale metaverso perché, al momento, per potervi accedere occorre creare un account/avatar per ogni singola piattaforma e quindi si tratta di interagire in diversi ambienti di realtà virtuale/aumentata. Horizon di Meta è un ambiente distopico di Facebook in modalità realtà virtuale.

Francesca Ferrara libro

Il metaverso, ovvero la scommessa del connubio tra tecnologia e social media, la cui parola affonda le sue origini nel romanzo cyberpunk di Neal Stephenson Snow Crash del 1992, non è una realtà virtuale o aumentata ma un ambiente che è al contempo phygital, cioè sia fisico che digitale, nell’era dell’onlife, ovvero nell’era dell’iperconnessione dove i confini dell’online e dell’offline sono sottili o completamente azzerati.

La parola spiega la fusione del digitale nell’analogico causata dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. «Il digitale è il riverbero di come siamo nella vita analogica. Semplicemente, il digitale, al momento, aggiunge una maschera che però significa “libertà”: lo diceva anche Shakespeare. Quindi non fa altro che esacerbare, in positivo o in negativo, né più né meno di ciò che siamo nella nostra quotidianità, partendo da un concetto differente di comunità», afferma il game designer Fabio Viola alla BTM Italia 2023, e continua: «Noi siamo abituati alla comunità come concetto geografico; oggi, invece, abbiamo un annullamento dello spazio e le comunità non sono solo quelle del chilometro quadrato, ma riguardano tutto l’emisfero anche se non ne abbiamo consapevolezza perché pensiamo che le nostre identità dipendano da chi ci circonda fisicamente. Invece le identità ci arrivano al 99% dalle relazioni sociali che si sviluppano al di fuori del contesto tradizionale. In Italia, le relazioni si basano sul tasso di fiducia verso il prossimo e noi abbiamo 1/3 della qualità delle relazioni, ovvero non nutriamo fiducia verso il prossimo rispetto ai Paesi del Nord Europa. Il digitale è utile perché porta nuovi ecosistemi e nuove modalità di supporto sia collettive che connettive, perché oggi nessuno più da solo è in grado di poter fare nulla, ed è importante mettere assieme le diversità in connessione. I mondi digitali sono semplicemente un’amplificazione di cosa siamo e chi siamo diventati nelle relazioni».

Overtourism

L’overtourism, o “sovraffollamento”, è un fenomeno definito dall’Organizzazione Mondiale del Turismo come: «l’impatto del turismo su una destinazione, o parti di essa, che influenza eccessivamente e in modo negativo la qualità della vita percepita dei cittadini e/o la qualità delle esperienze dei visitatori».

L’Italia è n. 1 al mondo in materia di siti UNESCO e luoghi Heritage. In questo caso, il problema non è creare flussi, perché il territorio è un magnet — ovvero un attrattore mondiale — ma è quello di organizzare, gestire e progettare al meglio il prodotto e il servizio turistico. Venezia, Firenze, Verona, Roma, Napoli sono attrattori di portata internazionale i cui flussi, per chi fa turismo e ospitalità, rappresentano sfide per la gestione dei servizi territoriali durante il soggiorno. La radice del problema è il limite fisico di contenimento e gestione di questi flussi, determinato dalla morfologia del territorio e dalla struttura urbanistica.

Il sovraturismo è una problematica che rientra nella gestione della crisi reputazionale e, quindi, nei problemi della comunicazione di crisi, che il news communication content designer deve saper fronteggiare, all’occorrenza, a supporto di player, stakeholder e attori economici coinvolti. All’overtourism si connettono le problematiche di overbooking, ovvero quando si vendono più biglietti aerei o più camere di quelle disponibili, tanto da non riuscire a rispettare la prenotazione di uno o più viaggiatori. A volte si tratta di una vera politica messa in atto da parte delle strutture e compagnie perché le tutela da eventuali cancellazioni o modifiche alle prenotazioni, coprendo la perdita con le prenotazioni in surplus e consentendo di guadagnare con le eventuali penali di disdetta.

Altra problematica è quella dell’aumento dei prezzi dei fitti brevi. Infatti a Malaga e a Cadice il caro-affitti è una conseguenza del turismo di massa che ha portato 15 mila persone (stima di El País) a protestare in piazza con lo slogan “Málaga para vivir, no para sobrevivir”, cioè “Malaga per vivere e non per sopravvivere”. A seguito di un processo di riqualificazione, Malaga è oggi tra le mete turistiche più importanti con 1,6 milioni di visitatori nel 2023 e previsioni superiori per il 2024. I residenti lamentano che l’aumento degli alloggi turistici ha reso difficile e costoso trovare un appartamento in città. Proteste anche alle Canarie, Baleari e Barcellona, ma è la prima volta che un malessere del genere si manifesta in una città che non era considerata meta turistica e che fino a vent’anni fa ospitava solo mezzo milione di turisti. Oggi questo cambiamento, per quanto abbia effetti positivi sull’economia locale, sta generando in contropartita uno spopolamento del centro storico.

turismo montagna neve

A Barcellona, in questi giorni, oltre cento associazioni cittadine sono scese in piazza contro l’overtourism. Dalla Rambla riecheggiano gli slogan: “Turisti tornate a casa, non siete i benvenuti” e “Il turismo uccide la città”. Le ragioni della protesta affondano nell’impossibilità di sostenere oltre questo modello di turismo che ha comportato un elevato aumento del mercato immobiliare e un cambiamento nell’assetto urbano, dove le vecchie botteghe e i negozi storici perdono spazio vitale e aumentano invece i negozi di souvenir, anche per un turismo mordi e fuggi, non solo di massa.

Situazione critica anche nel centro storico di Napoli, dove sui muri si legge: “Tourist go home” e si temono cortei come quelli spagnoli. L’assalto dei visitatori è intenso, così come il “disordine”, già caotico di per sé, con la presenza di grandi flussi. La rinomata ospitalità napoletana si scontra con l’insofferenza verso lo straniero quando non è esente da comportamenti incivili mentre gusta manicaretti da street food o visita i vicoli dei Decumani.

Il paradosso per una capitale del Mediterraneo che ambiva a diventare capitale del turismo e che, nel pieno sviluppo di questo percorso, vede i residenti insofferenti e a disagio per l’esplosione — positiva — dell’indotto turistico, tanto da registrare facilmente il sold-out in diversi periodi dell’anno, specialmente dalla primavera 2023. Si sta pensando a un’etica del fare turismo territoriale che metta al centro il visitatore e le sue necessità ma senza dimenticare le esigenze reali dei residenti che vivono i luoghi turistici. Bisogna pensare a migliori luoghi dove vivere e migliori luoghi da visitare: better places to visit, better places to live. È la YOLO Culture. YOLO è l’acronimo di you only live once, ovvero “si vive solo una volta”, quindi un approccio al mondo del lavoro in cui a essere centrale non è la carriera ma il benessere, come sottolinea Alessandro Bazzanella, direttore delle Terme di Comano, in dialogo con Giovanna Sainaghi alla BMT Italia 2023.

Spesso il turismo si sviluppa spontaneamente senza una reale regia di pianificazione, creando disequilibrio tra offerta di servizi territoriali e richiesta di esperienza turistica, generando un effetto di inquinamento umano. Una comunicazione corretta aiuta ad abbattere la distorsione generata dalla “cartolina” della propaganda turistica rispetto alla realtà delle comunità dei residenti e alle difficoltà che vivono durante la convivenza con i grandi flussi.

francesca ferrara
Francesca Ferrara

La unique selling proposition (USP, o unique selling point) è il messaggio che si sceglie di portare avanti rispetto alla concorrenza: una strategia di proposta unica di esperienza turistica che permette di creare misure contenitive e promuovere il territorio senza avere impatti negativi per le comunità locali.

L’overtourism si verifica quando il turismo supera i suoi limiti in termini di capacità di accoglienza e gestione dei flussi, specialmente in determinati periodi dell’anno. La parola overtourism è stata introdotta da Rafat Ali, CEO e fondatore di Skift, nella prefazione di un articolo dedicato all’impatto del turismo di massa in Islanda, dove lanciava l’allarme sui pericoli per la sostenibilità delle politiche di ricezione.

Greg Dickinson, in un articolo pubblicato sul Telegraph, propone l’unica definizione finora candidata per un dizionario ufficiale: «Il fenomeno secondo cui una destinazione popolare o un particolare scorcio vengono invasi dai turisti in modo insostenibile». L’Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO) ha messo nero su bianco le cifre di questa marea crescente. Nel 2017, i turisti che hanno varcato le frontiere sono stati oltre 1 miliardo e 300 milioni. Al ritmo di crescita attuale, l’UNWTO prevede che nel 2030 questo flusso supererà i 2 miliardi. Un’onda che si concentrerà sulle solite mete perché, anche questo è un fatto, le destinazioni non variano e non crescono in numero di pari passo nel tempo.

Dupe destinations

La vacanza intelligente è quella organizzata nei periodi di bassa stagione e nelle località meno gettonate ma altrettanto attrattive per storia, cultura, tradizione, clima e paesaggio. Territori non di seconda scelta, ma di scelta intelligente, intesa in senso smart, per evitare orde di turisti e risparmiare tempo prezioso con file lunghissime ed estenuanti per musei, attrazioni, ristoranti, parchi giochi ma anche per eventuali imbarchi, il tutto affrontando costi ridotti e godendo di maggiori momenti di relax.

Una soluzione all’overtourism è rappresentata proprio dalle destinazioni “cloni”, ovvero le dupe destinations, mete alternative meno inflazionate rispetto a quelle di repertorio dell’alta stagione dei grandi classici del turismo internazionale. Ad esempio, Barcellona e Parigi possono essere sostituite con Girona e Lione.

turismo

In realtà non sono mete di scorta, di scarto o di ripiego, ma destinazioni più facili da visitare e che hanno tanto da raccontare e che, molto spesso, non emergono a causa di flussi turistici minori rispetto al solito catalogo delle mete più gettonate e in evidenza, anche tra gli organizzatori delle destinazioni. Altro esempio è Cracovia, in Polonia, che può essere sostituita da Breslavia, meno conosciuta ma altrettanto bella e interessante da visitare, con i suoi edifici storici ben conservati e i famosi gnomi in miniatura, simboli dell’anticonformismo creati alla fine degli anni ’80.

Al posto di Dublino, Galway è una tappa importante della Wild Atlantic Way, la strada costiera tracciata più lunga al mondo: un itinerario di 2.500 km fatto di scogliere a picco sull’Oceano Atlantico, montagne, cittadine dai cottage con il tetto a paglia, silenziose spiagge selvagge. E ancora Perth al posto di Sydney, con i suoi monumenti, spiagge immense e la Swan Valley, conosciuta per vigneti, cantine e ristoranti gourmet. Importante è anche il Pinnacles Desert, con il suo paesaggio impressionante caratterizzato da antiche formazioni rocciose che emergono dal deserto.

Altro esempio ancora è Atlantic City, con il suo affaccio sull’Oceano Atlantico e l’accesso alle animate spiagge del Jersey Shore, al posto di Las Vegas nel Deserto del Nevada. Oppure le Isole Shetland al posto della Scozia o dell’Islanda.

In qualsiasi periodo dell’anno, indipendentemente da bassa e alta stagione, si possono progettare viaggi verso destinazioni che, non rientrando nel circuito mainstream, offrono luoghi, sapori e itinerari a un prezzo contenuto e nel rispetto dei livelli di sostenibilità dei flussi turistici, della capacità di capienza e ricezione di un territorio. Viaggi, itinerari e mete non di serie B, ma di alternativo tragitto per godersi momenti di turismo esperienziale senza alcuna fonte di stress.

Turismo e metaverso

Il rapporto tra turismo e metaverso rappresenta una nuova frontiera nell’esplorazione e nell’interazione con destinazioni virtuali e reali. Il metaverso, un universo digitale tridimensionale in cui gli utenti possono interagire attraverso avatar, offre immense potenzialità per il settore turistico.

Attraverso esperienze immersive, come tour virtuali di luoghi storici, musei o paesaggi naturali, i viaggiatori possono esplorare destinazioni lontane senza lasciare il comfort della propria casa, oppure — come è stato dimostrato durante la pandemia — incontrarsi in luoghi arredati dalla creatività ispirata al reale e alla fantasia, eliminando le barriere fisiche. Questo non solo amplia l’accessibilità a culture e attrazioni globali, ma può anche fungere da potente strumento di marketing, stimolando l’interesse e la pianificazione di viaggi reali.

Inoltre, il metaverso permette alle destinazioni turistiche di offrire anteprime interattive e coinvolgenti, aumentando la connessione emotiva con i potenziali visitatori e innovando le modalità di promozione turistica. Non si tratta di concetti nuovi, ma di forme d’esperienza che hanno radici nel mondo del video gaming e nelle prime piattaforme come Second Life, citata in News content design.

turismo mare spiaggia vacanze estate

Gli ambienti metafisici non solo hanno rappresentato un supporto durante la pandemia, ma permettono di fare esperienza anche a persone diversamente abili proprio per l’abbattimento delle barriere fisiche e l’impiego di tecnologie che facilitano l’accessibilità, elemento che abbraccia i concetti di inclusione e sostenibilità dell’esperienza turistica.
Second Life è stato considerato un videogioco — per semplificazione — ma già dal suo lancio negli Stati Uniti e in Italia era l’ambiente virtuale più evoluto esistente vent’anni fa, anticipatore del concetto di metaverso.

Oggi Second Life, che continua a esistere ma è conosciuto soprattutto dalla generazione X (meno dai Millennials e dalla Gen Z), è approdato anche in versione mobile. Esiste infatti un’app che permette di trasportare tutto il mondo creativo presente all’interno della piattaforma nel proprio smartphone, in tasca o in borsa. La domanda da porsi è: quanto tempo impiegheranno le altre piattaforme a seguire lo stesso percorso e a offrirsi in versione mobile? E quanto i player e gli stakeholder del settore sono pronti a cogliere questa nuova sfida e opportunità, ampliando il loro raggio d’azione grazie all’uso di piattaforme in 3D e di eventuali visori?

Cos’è il metaverso

Metaverso è un termine utilizzato per descrivere un mondo virtuale collettivo, condiviso tramite internet, in cui gli utenti possono interagire tra loro e con un ambiente generato digitalmente attraverso tecnologie avanzate come la realtà virtuale (VR) e la realtà aumentata (AR).
Questo spazio virtuale è caratterizzato da una sensazione di presenza immersiva e può includere una vasta gamma di esperienze digitali: socializzazione, lavoro, gioco, shopping, istruzione, ma anche esperienze museali, artistiche, conferenze e presentazioni di libri. Il metaverso è concepito come un’evoluzione di internet che integra e migliora l’interazione umana e digitale, offrendo una piattaforma unificata per numerose attività online.

La Treccani lo definisce così: «Il termine venne usato, per la prima volta, nel 1992 da N. Stephenson, nel romanzo cyberpunk Snow Crash, per indicare un mondo virtuale in 3D popolato di repliche umane digitali — con il quale si definisce una zona di convergenza di spazi virtuali interattivi, localizzata nel cyberspazio e accessibile dagli utenti attraverso un avatar con funzione di rappresentante dell’identità individuale.

francesca ferrara 2

Superando i concetti di realtà virtuale e realtà aumentata, e come evoluzione dell’ubiquitous computing, la costruzione di un essere in presenza attraverso la tecnologia sociale (di cui Second Life può essere considerato la forma prototipica) si avvale dell’interoperabilità fra mondi e piattaforme, in un ambiente di ricerca che crea e interconnette informazioni, soggetti, avatar e oggetti, corrispondendo al concetto di onlife elaborato da L. Floridi; l’universo costruito attraverso le reti globali di comunicazione trova tra i suoi campi di applicazione il gaming e l’intrattenimento, la formazione e la didattica, il marketing, le arti e le attività professionali. Il termine ha avuto vasta risonanza mediatica nell’ottobre 2021, quando M. Zuckerberg ha mutato la denominazione dell’azienda da lui fondata, che controlla piattaforme quali Facebook, Instagram e WhatsApp, in Meta Platforms, Inc., con logo il simbolo matematico dell’infinito».

Cos’è l’onlife

L’onlife, citato prima e introdotto già a pag. 135 di News content design, è definito dalla Treccani come «la dimensione vitale, relazionale, sociale e comunicativa, lavorativa ed economica, vista come frutto di una continua interazione tra la realtà materiale e analogica e la realtà virtuale e interattiva». È importante soffermarsi sul suo significato e sul perché sia entrato come tema nel dibattito italiano e internazionale, anche legato a digital detox e wellbeing.

Ma come si arriva a questa definizione? Cosa significa essere umani digitali nella società moderna? Se lo chiede Giorgio Fontana nel suo articolo per Il Sole 24 Ore:
«La domanda non è così scontata, se a un gruppo di ricercatori guidati da Luciano Floridi (il padre della filosofia dell’informazione), sono occorse più di duecento pagine per metterla a fuoco. È l’Onlife Manifesto, disponibile liberamente in copyleft presso il sito di Springer: una serie di tesi sul modo in cui la tecnologia delle comunicazioni ha cambiato la nostra vita. Alla base vi è il riconoscimento dell’esperienza onlife – online e vita – dove dicotomie scontate come quelle fra reale e digitale o umano e macchina non sono più sostenibili in maniera nitida. […]

Siamo ben equipaggiati per affrontare le nuove sfide? Molti Paesi, purtroppo anche l’Italia, non lo sono. Manca una seria cultura del digitale, cioè il know-how, ma anche un certo disincanto. Altri Paesi sono più avanti di noi, il digitale rientra nell’ordinario, non fa notizia. Come se lo facesse possedere un’automobile.

[…] Viviamo in un mondo in cui sistemi d’intelligenza artificiale svolgono sempre più attività al posto nostro, e spesso meglio di noi. Come pesci nell’acqua, le tecnologie digitali sono i veri nativi dell’infosfera, uno spazio a loro connaturale, in cui nuotano liberamente. Mentre noi, organismi analogici, ci immergiamo nell’infosfera come se fossimo sommozzatori, cercando di adattarci a questo nuovo ambiente, fatto di esperienze online e offline, vivendo spesso in un’ibrida “onlife”»
(Luciano Floridi, Robinson, La Repubblica, 21 maggio 2017).

Un po’ di storia. Il progetto di ricerca “L’iniziativa onlife”, organizzato dalla Commissione Europea nel 2012, ha esplorato l’impatto radicale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) sulla condizione umana. Le TIC non sono semplici strumenti, ma forze sociali che influenzano profondamente la nostra auto-percezione, le nostre interazioni sociali, la nostra concezione della realtà e le nostre azioni. Questo impatto ha significative implicazioni etiche, legali e politiche, che solo di recente abbiamo iniziato a comprendere.

L’iniziativa onlife identifica quattro grandi trasformazioni causate dalle TIC:

  1. la scomparsa della distinzione tra realtà e virtualità
  2. la sfocatura dei confini tra esseri umani, macchine e natura
  3. il passaggio da una scarsità di informazioni a una sovrabbondanza
  4. la transizione dal primato di oggetti standalone e relazioni

Queste trasformazioni stanno mettendo alla prova le nostre strutture concettuali, rendendo la nostra attuale “cassetta degli attrezzi” filosofica inadeguata per affrontare le nuove sfide poste dalle TIC. Senza una chiara comprensione del presente, rischiamo di avere una visione negativa del futuro. Il Manifesto e il libro che lo accompagna mirano ad aggiornare la nostra filosofia, contribuendo positivamente al ripensamento delle strutture concettuali per affrontare le sfide dell’era digitale.

Cos’è l’infosfera

La definizione di infosfera data dalla Treccani e da alcuni autori è:
«L’insieme dei mezzi di comunicazione e delle informazioni che da tali mezzi vengono prodotte».
«È una società dominata da tecnologie che rendono possibile, fin da oggi, un profondo mutamento dell’infosfera, grazie alla demassificazione dei media» (Roberto Grandi, Comunicazioni di massa: teorie, contesti e nuovi paradigmi, Clueb, Bologna 1984, p. 159).
«Il passing, in definitiva, è una categoria molto utile per riflettere sulla forma attuale dell’“umano”, non solo dopo le domande poste dal femminismo e dalla riflessione sulle varie forme di subalternità culturale nel mondo globalizzato, ma anche nell’attuale mondo digitale, dove l’umano è un elemento che si disperde nell’infosfera» (Marina De Chiara, La Repubblica, 8 maggio 2006, Napoli, p. 7).

«Assieme al tempo è mutato anche lo spazio, strutturandosi in quell’infosfera che racchiude sia online che offline, sino a divenire un sinonimo della realtà stessa nel senso che, come sostiene Floridi, “ciò che è reale è informazionale e ciò che è informazionale è reale”» (Giovanni Boccia Artieri, Doppiozero.com, 15 ottobre 2017).
«McLuhan sosteneva che questi mezzi di comunicazione sono “l’estensione dell’uomo” e dei suoi organi: tele-fono, tele-visione, telescopio… Ma la vera rivoluzione è che si è creato un nuovo ambiente, l’infosfera, un nuovo mondo a cui non ci si può sottrarre» (parole di Gianfranco Ravasi citate da Edoardo Vigna, Corriere della Sera, 25 aprile 2019).

Turismo e intelligenza artificiale

Il turista, viaggiatore e viandante è un consumatore dei servizi, prodotti e beni turistici, e uno user, ovvero un utente che usufruisce dei servizi digitali dell’evoluzione tecnologica. Nel back-end dei sistemi informatizzati, come le piattaforme di prenotazione, sono già in atto automatismi grazie all’implementazione di chatbot e intelligenza artificiale. Poiché l’innovazione non si arresta, anche il settore turistico deve prendere consapevolezza del cambiamento degli standard di fruizione cui il cliente si adegua e che successivamente richiede.

Alcuni esempi di applicazioni dell’intelligenza artificiale sono il data mining (insieme di tecniche per estrarre dati significativi da una fonte informativa), la produzione di contenuti per i canali social (differenziando testi e foto in base alle specifiche delle piattaforme) e la creazione di risposte personalizzate con toni di voce diversi per i canali di dialogo. Si tratta di attività che richiedono tempo da parte degli operatori; l’intelligenza artificiale può supportarle, liberando risorse che possono essere dedicate ad altre funzioni, come la definizione di strategie di comunicazione.

Ma cos’è l’intelligenza artificiale? L’IA o AI (artificial intelligence) è la disciplina che studia se e in che modo si possano riprodurre i processi mentali complessi mediante l’uso di un computer. La ricerca si sviluppa su due percorsi: da un lato l’intelligenza artificiale cerca di avvicinare il funzionamento dei computer alle capacità dell’intelligenza umana; dall’altro utilizza le simulazioni informatiche per fare ipotesi sui meccanismi della mente umana. Oggi si parla in particolare di intelligenza artificiale generativa (generative AI), ovvero sistemi in grado di creare, su richiesta, diversi tipi di contenuti: testi, audio, immagini, video.

Turismo e human design

Lo human design è un concetto olistico e uno strumento di consapevolezza che intende mettere a fuoco la strada per tornare a essere, agire e sentirsi sé stessi. La rivelazione è possibile grazie a un grafico natale, interpretato come un disegno universale che guida il nostro cammino.

A noi interessa capire come questo approccio impatti sul design e quindi sulla progettazione delle azioni necessarie alla creazione di prodotti, beni e servizi per l’esperienza turistica, oltre che sulla relativa strategia di comunicazione.

La relazione tra human design e turismo si basa sull’idea di personalizzare le esperienze di viaggio in modo che risuonino con l’unicità di ogni individuo. Utilizzando le informazioni fornite dal profilo di human design, è possibile creare itinerari che soddisfino preferenze e desideri personali, favorendo al contempo benessere e crescita personale. Una persona con un profilo contemplativo potrebbe trarre beneficio da destinazioni tranquille e spirituali; un individuo con una natura avventurosa preferirà esperienze dinamiche e stimolanti.

Integrando lo human design nella pianificazione dei viaggi, i professionisti del turismo possono offrire esperienze più significative e appaganti, promuovendo una connessione più profonda tra i viaggiatori e i luoghi visitati. Questo approccio migliora la soddisfazione del cliente e può diventare occasione di maggiore consapevolezza e arricchimento personale attraverso il viaggio.