Assicurazione catastrofale, che cosa rischiano aziende e PMI che non hanno ancora la copertura?

Assicurazione catastrofale, che cosa rischiano aziende e PMI che non hanno ancora la copertura?

La legge di Bilancio 2024 ha introdotto un obbligo assicurativo per trasferire sulle assicurazioni private una parte del rischio che finora è gravato solo sui fondi pubblici, andando a promuovere nelle imprese una cultura della prevenzione. Tutte le aziende con sede legale in Italia, escluse quelle agricole, sono obbligate a stipulare una polizza assicurativa che copra i potenziali danni causati da terremoti, frane, alluvioni, inondazioni ed esondazioni. E tutto questo deve avvenire entro il 31 dicembre.

L’azienda deve quindi assicurare terreni, impianti, attrezzature e beni in locazione salvo che questi siano già coperti da polizze analoghe. Un obbligo che non si estende ai beni in costruzione, agli immobili abusivi, alle scorte, ai mobili d’ufficio o ai veicoli iscritti al PRA (Pubblico registro automobilistico).

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Cosa succede alle PMI dal 31 dicembre?

Se le grandi imprese (con oltre 250 dipendenti) sono state coinvolte nella normativa già da marzo 2025 e per le medie imprese (con 50-250 dipendenti) l’obbligo è scattato col mese di ottobre, per le PMI e le micro-imprese la scadenza prevista è quella del 31 dicembre 2025. Sarà fatta una proroga per i comparti della pesca e dell’acquacoltura: per queste imprese l’obbligo scatterà sempre il 31 dicembre 2025.

Il rispetto dell’obbligo diventa, infatti, condizione necessaria per partecipare a una serie di misure agevolative. Tra queste, figurano i contratti di sviluppo disciplinati dal decreto ministeriale del 9 dicembre 2014, i programmi Smart & Start Italia per le startup innovative, le misure per l’economia circolare introdotte dal PNRR, i fondi per la salvaguardia occupazionale e le iniziative di venture capital per la transizione ecologica ed energetica. 

La disposizione non è auto-applicativa: ogni amministrazione pubblica dovrà integrare nei propri bandi le clausole di esclusione per le imprese sprovviste di polizza.

Un aspetto particolarmente rilevante riguarda il trattamento fiscale dei premi assicurativi: quelli corrisposti dall’azienda per coperture inerenti l’attività d’impresa rientrano tra i costi deducibili. Questo vale sia ai fini Ires, con aliquota al 24%, sia per quanto concerne l’Irap, con aliquota ordinaria al 3,9%, salvo le differenziazioni regionali. Gli effetti pratici, tuttavia, non sono omogenei. 

«Per le grandi imprese, che saranno le più esposte a premi assicurativi rilevanti, la deducibilità fiscale rappresenta un parziale alleggerimento, ma non elimina l’impatto economico. In pratica, se il costo della polizza riduce la base imponibile, resta comunque un esborso significativo in termini di liquidità, capace di comprimere i margini e incidere sui flussi di cassa. La questione diventa quindi di equilibrio: quanto vale la protezione assicurativa rispetto al peso che esercita sul conto economico?», sottolinea la fiscalista Simona D’Alessandro. Diverso il discorso per PMI e microimprese. In questo caso, i premi saranno più contenuti, ma proporzionalmente più gravosi in rapporto al fatturato: «La deducibilità fiscale, pur utile, rischia di non essere sufficiente a compensare la pressione sul flusso di cassa. Per realtà imprenditoriali a bassa capitalizzazione, poi, la polizza rischia di ridurre la capacità di autofinanziamento e di rallentare gli investimenti programmati», conclude D’Alessandro. 

Consigli utili

Come affrontare, quindi, l’obbligo normativo sulla polizza catastrofale in modo strategico dal punto di vista legale e fiscale? Gli esperti del network Partner d’Impresa, rete di professionisti specializzati in diverse aree economiche, legali e fiscali per il mercato delle PMI, hanno stilato un vademecum che segna i principali errori da non commettere: