Guai a toccare all’uomo più ricco del mondo il proprio portafogli. Come prevedibile, infatti, a stretto giro dalla multa da 120 milioni di euro che la Commissione Ue ha inflitto a X tacciando il social di Elon Musk di scarsa trasparenza, arriva l’attesa grandinata di tweet da parte del proprietario della piattaforma, proprietario pure di Tesla, xAI, SpaceX e altre aziende di primaria importanza.
Musk tira fuori l’artiglieria pesante (su X)
Il post più duro tra i numerosi pubblicati in poche ore è anche quello che lo stesso Musk, furibondo come un pisquano qualunque quando si ritrova sul parabrezza della propria auto un foglietto rosa svolazzante, fissa in alto sul proprio profilo (ricordiamo che si narra che, appena entrato in Twitter, l’egoarca sudafricano abbia imposto un cambio dell’algoritmo perché veicoli agli iscritti soprattutto i suoi interventi).
«L’Ue dovrebbe essere abolita e la sovranità restituita ai singoli Paesi, in modo che i governi possano rappresentare meglio i loro popoli», tuona l’uomo più ricco del mondo. Ecco, forse il pisquano qualunque non arriverebbe a gridare in faccia al vigile che ha appena riposto la biro incriminata che vorrebbe veder sparire l’intero Comune e la sua amministrazione. Questione di stile.

Ovviamente quel tweet fa rumore e, nello stile muskiano, viene nel giro di poco tempo seguito da decine e decine di re-tweet (ovviamente tutta gente che la pensa come lui, se non peggio) e considerazioni poco amichevoli nei confronti della Ue.
Va persino in scena un nuovo scontro con il polacco Donald Tusk, europeista convinto, dalla lunga carriera a Bruxelles alle spalle, oggi Primo ministro della Polonia con cui il patron di X, SpaceX, xAI, Tesla e via andare aveva già incrociato le spade lo scorso marzo per un’altra sgradevole vicenda. In quel periodo Musk infatti stava minacciando un giorno sì e l’altro pure di spegnere la sua comunicazione satellitare in Ucraina, così il ministro degli Esteri polacco faceva sapere che Varsavia avrebbe cercato altri fornitori. Furibondo il ‘multimprenditore’ con sprezzante stile da bovaro americano che intende attaccar briga in qualche Saloon gli si rivolgeva dicendogli di «calmarsi, piccolo uomo»
Interveniva Tusk che, parlando a Musk, pareva rivolgersi soprattutto a Washington: «La vera leadership significa rispetto per i partner e gli alleati. Anche per quelli più piccoli e più deboli. Mai arroganza. Cari amici, pensateci».

Il nuovo round quest’oggi, sabato 6 dicembre: «Cari amici americani, l’Europa è il vostro alleato più stretto, non il vostro problema. E abbiamo nemici comuni. Almeno così è stato negli ultimi 80 anni. Dobbiamo attenerci a questa strategia, questa è l’unica ragionevole strategia per la nostra sicurezza comune. A meno che qualcosa non sia cambiato», scrive Tusk su X allargando ancora una volta il tema del contendere all’amministrazione Trump visto che nelle ultime ore le bordate peggiori – le riporteremo a breve – sono arrivate proprio dalla Casa Bianca. Gli risponde con uno sfottò Musk: «Se si uniscono Donald Trump ed Elon Musk, si ottiene…
», dimostrando peraltro che ci avevamo visto giusto: con l’ennesima giravolta è tornato trumpiano.
Sono proprio le critiche che arrivano da Washington a far capire la reale portata del problema. A soccorso dell’azienda privata statunitense prima sopraggiunge il segretario di Stato, Marco Rubio, definendo la multa di Bruxelles «un attacco a tutte le piattaforme tecnologiche americane e agli americani da parte di governi stranieri. I tempi della censura online degli americani sono finiti», quindi si muove pure il numero 2 della Casa Bianca, JD Vance: «Girano voci – scrive in un tweet – secondo cui la Commissione europea multerà X di centinaia di milioni di dollari per non aver applicato la censura. L’Ue dovrebbe sostenere la libertà di parola invece di attaccare le aziende americane per spazzatura».

Sebbene al momento il diretto interessato stia in silenzio, in tutto ciò si risente l’eco delle lagnanze di un altro golden boy della Silicon Valley, Mark Zuckerberg, anche lui spesso alle prese con le leggi europee in tema di concorrenza e Intelligenza artificiale. Subito dopo l’arrivo di Trump alla Casa Bianca l’imprenditore di Menlo Park (che assieme ad altre Big Tech USA come Microsoft, Amazon, Apple e Google ha partecipato alla colletta da 300 milioni per donare a Trump la sua agognata sala da ballo) apparve in video per lamentarsi che tutti questi legacci normativi soffocano l’innovazione.
Medesimo refrain che arriva da Apple quando Bruxelles le impone in nome dei propri principi liberali di aprire il proprio ecosistema storicamente chiuso di software a programmi di terze parti, come chiesto in tutte le sedi giudiziarie dall’europea Spotify. Non a caso nelle sue social-sfuriate di oggi, Musk dipinge la Ue come un «mostro di burocrazia».
Allargando lo zoom si capisce insomma che le Big Tech americane strepitano, strillano e puntano i piedi nella speranza di un intervento muscolare contro la Ue di Donald Trump, che hanno già ricoperto di dollari fruscianti (oltre ad avergli regalato la sala da ballo, non si dimentichino i milioni versati al suo insediamento e soprattutto i piani da 600 miliardi di investimenti negli USA che Apple e Meta hanno promesso al presidente) e dunque ora chiedono in cambio qualcosa. In tale ottica si comprende allora che in realtà il problema per le imprese più grandi del mondo non sono né i soldi né le multe: ma non poter avere le mani completamente libere sul mercato europeo.