Codice Valore | Le Mostre: la satira come strumento contro la violenza digitale

Codice Valore | Le Mostre: la satira come strumento contro la violenza digitale

Codice Valore: voci contro la violenza digitale è il nostro progetto editoriale pensato per tutto il mese di novembre. Per capire cosa e chi si nasconde dietro il lato più oscuro della rete. Per costruire una cultura digitale più umana e responsabile. Quattro interviste, quattro volti, quattro punti di vista a confronto.

Raccontano un’umanità imperfetta e ridicola, fastidiosa, a tratti mostruosa e nel far ridere costringono chi guarda a riconoscersi negli atteggiamenti di quell’umanità, a partire dai luoghi comuni di genere fino alle forme di violenza più subdole, perché date per scontate e dunque tollerate. Il duo comico Le Mostre – Marianna Folli ed Elisa Maria Bottiglieri, autrici, attrici, un seguito crescente su Instagram così come a teatro, dove hanno portato lo spettacolo Come sorelle, prodotto dal Teatro stabile di Bolzano – indaga sugli aspetti grotteschi dei ruoli di genere, delle disuguaglianze e di donne in qualche modo mostruose, perché portano pesi di cui loro stesse non sempre sono consapevoli. 

Da dove escono Le Mostre e la loro satira di genere? 

Elisa: Mi sono laureata in Critica del cinema e ho sempre amato in particolare il neorealismo e la commedia all’italiana, che hanno rappresentato anche una forma di critica sociale. E siccome uno dei film che amo di più è I mostri di Dino Risi, a un certo punto mi sono chiesta chi sarebbero oggi i mostri e se oggi avrebbe senso raccontare delle mostre, ovvero donne che cercano uno spazio, ma poiché il sistema offre loro solo spiragli, infilandosi tra le fessure si deformano. Ho pensato, dunque, a un progetto-video di ritratti al femminile che le raccontassero. Quando, tramite amici comuni, ho conosciuto Marianna, che stimavo come autrice e come attrice, le ho proposto di fare questo esperimento insieme. 

Un esperimento che fosse prima di tutto cosa?

Marianna: Un esperimento di satira sociale da un punto di vista femminile, nel quale metterci in gioco anche di persona, guardando a noi stesse in chiave comica. Io, poi, quando abbiamo cominciato avevo appena partorito. Avevo vissuto in prima persona quel tumulto che è il pre-parto, il parto, il post-parto ed entravo in quella dimensione, la maternità, dove stereotipi, miti, aspettative sociali sono al massimo.

Come riuscite a combinare tematiche così spinose e delicate con la leggerezza della risata? Avete citato il tema della maternità, ma coprite dimensioni ancora più complesse e delicate, come la violenza di genere. 

Marianna: Credo sia un fatto di sensibilità. A cui si aggiunge, nel caso specifico, l’amore che io ed Elisa abbiamo per il tragicomico. Perché per noi non c’è comicità che non passi attraverso il dramma. In ogni persona, in ogni storia, in ogni incontro il tragico cammina accanto al comico. 

Elisa: Io penso che la leggerezza con cui si guarda a ciò che è complesso e, sì, che è anche tragico nasca dall’empatia e dalla compassione. Uno sguardo che è esercitato all’empatia e alla compassione può capire in maniera completa: non si limita a cogliere ciò che vede sulla facciata, va oltre, lo scavalca. Certo, quello sguardo va allenato.

Lavorate con il linguaggio: considerando il linguaggio con cui l’odio colpisce le donne online, quale ritenete sia l’atteggiamento verbale più insidioso? Magari non il più palesemente aggressivo, ma quello che mira in modo subdolo a zittire, umiliare, delegittimare.

Marianna: Oh, ce ne sono molti. A me infastidisce particolarmente la reazione di molte persone alle donne che esprimono in maniera molto convinta e sentita la loro opinione o che manifestano con determinazione il loro disaccordo. Ci sono una serie di espressioni linguistiche assolutamente ricorrenti con le quali le si irride: è una pazza!, che stia a casa a fare la salsa! Non si ammette ancora che una donna, fuori dagli spazi riconosciuti per lei come naturali, ovvero quelli privati, possa affermarsi senza pagare un prezzo. 

Elisa: E poi c’è la diffusissima abitudine di mettere le donne una contro l’altra. Succede persino alla scuola elementare, con le bambine. Guarda la tua compagna com’è ordinata, Guarda la tua compagna come ha studiato bene!: invece che insegnare come migliorarsi, si tende a mettere le bambine in competizione, peraltro sempre su valori che attengono all’ordine e all’obbedienza. 

Le donne, secondo tutte le ricerche, sono nettamente le prime vittime dell’odio on line. Voi pensate che la rete in qualche modo ricalchi la misoginia che c’è fuori o che abbia introdotto una misoginia e una grammatica dell’odio tutta nuova e specifica?

Marianna: Gli insulti sono gli stessi. Arrivano in tempi estremamente più veloci e a molte più persone. 

Elisa: E arrivando a più persone in un istante sono, di conseguenza, più violenti. Ma la matrice è la stessa. 

Ci sono meccanismi della satira sociale che voi stesse usereste nelle vostre conversazioni social per smontare atteggiamenti verbali aggressivi e tossici?

Elisa: Semplicemente, io suggerirei di lasciar perdere. Ogni tanto dobbiamo ricordare che possiamo non rispondere all’insulto di una persona ignorante: possiamo spegnere. 

Come riesce chi fa satira a smascherare gli aspetti grotteschi del reale, nel vostro caso delle disuguaglianze e dei ruoli di genere, e a stimolare il pensiero critico?

Elisa: Io credo che il meccanismo cardine sia la capacità di osservazione, su cui mi soffermo particolarmente anche quando insegno. Molto passa proprio da lì. 

Marianna: Ciascuno di noi mette in campo gli stereotipi di genere senza neanche accorgersene. Devo dire che quando noi li portiamo in scena, le persone li riconoscono, eccome. Li osservano, finalmente, anche loro.

Elisa: In generale tutti abbiamo difficoltà a osservare, spesso non sappiamo neanche cosa voglia dire osservare. Non è solo il fatto che andiamo veloci, che non ci soffermiamo, che non guardiamo alle cose e siamo superficiali: quando parlo di osservazione dal punto di vista autorale e attoriale, intendo che guardiamo alla persona nei suoi dettagli, ci chiediamo come mai fumi la sigaretta in quel modo, perché abbia scelto quella gonna, per quale ragione stia andando di fretta quel mattino. 

Ma secondo voi la satira riesce a incidere davvero sui comportamenti reali?

Elisa: Lo fa attraverso la risata. La risata apre uno squarcio nella percezione che permette al pensiero critico di attivarsi. Assicura l’accesso a un contenuto che non è immediatamente comprensibile, né subito condivisibile. 

I social non erano il vostro primo approdo, ma ci siete arrivate. Come è andata? 

Marianna: C’è stato subito molto entusiasmo. E questo ci ha dato la carica per andare avanti. Devo dire che il contatto diretto con le persone è un aspetto molto bello dei social, dal mio punto di vista compensa molte loro ombre. In privato ci scrivono tante donne, per raccontarsi.

Elisa: Rispondono in maniera forte sulla maternità: c’è proprio una fame di sorellanza rispetto a un evento così deflagrante come la nascita di un figlio. Anche il corpo che cambia e l’ossessione per l’aspetto fisico sono molti sentiti. E, comunque, devo dire che ci seguono sempre più uomini. Credo che le persone riconoscano l’autorialità del nostro lavoro e ne apprezzino il carattere innovativo, a maggior ragione dentro un mezzo veloce e fagocitante come Instagram. Anche sul web se proponi un contenuto ragionato e strutturato, il pubblico ti segue. Chi è venuto a cercarci, come lo stabile di Bolzano, ha riconosciuto il valore della nostra autorialità e del nostro mestiere.