C’è un’Italia che sulle mappe dell’innovazione appare ancora sbiadita: luoghi dove il digitale non è quotidianità, ma una promessa da mantenere. Da tre anni il Fondo per la Repubblica Digitale lavora per trasformare quella promessa in accesso e quella distanza in partecipazione.
Nato da un’iniziativa congiunta tra Governo e ACRI (associazione delle Fondazioni di origine bancaria), il Fondo è uno strumento unico in Europa: una dotazione di 220 milioni di euro fino al 2026 per progetti di formazione e inclusione digitale. È alimentato dai versamenti delle Fondazioni, coordinate da ACRI; in cambio dei contributi versati, alle Fondazioni è riconosciuto un credito d’imposta.
«Grazie all’esperienza delle Fondazioni di origine bancaria, il Fondo adotta un modello di governance duale già sperimentato con successo nel Fondo per il contrasto alla povertà educativa – spiega il professor Giovanni Fosti, Presidente del Fondo per la Repubblica Digitale Impresa sociale -. Governo e Acri definiscono gli obiettivi d’intervento all’interno di una cornice strategica condivisa tra pubblico e privato sociale, mentre la gestione operativa è affidata a un soggetto privato, l’Impresa sociale partecipata al 100% da Acri, che nel rispetto di regole di imparzialità e trasparenza può agire con maggiore flessibilità e rapidità di implementazione.»
Dai primi bandi alla sperimentazione sui territori, il Fondo ha finanziato progetti che mettono al centro le persone, tra cui giovani in cerca di occupazione, donne che vogliono migliorare la propria condizione professionale, lavoratori che necessitano di percorsi di upskilling e reskilling, cittadini che vogliono acquisire competenze di base per non sentirsi esclusi da una società sempre più digitale. Ogni progetto è un pezzo di un mosaico più grande, che unisce impatto sociale e trasformazione tecnologica.

Connettere per includere. Un Paese che partecipa
Secondo il 2030 Digital Decade Report della Commissione europea pubblicato a luglio 2025, oltre il 54% della popolazione tra i 16 e i 74 anni non possiede competenze digitali di base; una percentuale nettamente superiore alla media Ue (44%).
In Italia lo skill mismatch resta uno dei principali ostacoli alla crescita e all’innovazione. Secondo l’OECD (Job Creation and Local Economic Development 2024), circa il 40% dei lavoratori svolge mansioni per cui le proprie competenze o qualifiche non sono pienamente allineate; anche in questo caso un valore superiore alla media europea. Allo stesso tempo, oltre il 69% delle imprese italiane dichiara difficoltà nel reperire i profili professionali necessari, soprattutto nei settori tecnici e digitali, secondo la Confindustria Labour Survey 2024.
Il Cedefop Skills Forecast 2025 segnala, inoltre, un deficit crescente di competenze ICT e STEM, che rischia di rallentare la transizione tecnologica del Paese. Un divario che non riguarda solo la quantità, ma soprattutto la qualità delle competenze in gioco.
È qui che il Fondo per la Repubblica Digitale gioca un ruolo decisivo, intervenendo dove la tecnologia da sola non basta: investendo sulle persone, sulle competenze, sui percorsi che rendono il digitale una leva di sviluppo sociale e un fattore abilitante di democratizzazione e alfabetizzazione. Formare significa restituire autonomia, creare ponti dove prima c’erano barriere, far sì che la tecnologia diventi strumento di libertà e non di esclusione. Perché colmare il divario non vuol dire solo connettere meglio, ma includere meglio: dare a tutti gli strumenti per partecipare, lavorare, formarsi e crescere in una società che del digitale fa il suo linguaggio quotidiano.
Come sottolinea Giovanni Fosti «l’obiettivo del Fondo è sperimentare progetti di formazione e inclusione digitale e, una volta verificata la loro efficacia, estenderli su scala più ampia, così da offrire al decisore pubblico le migliori pratiche a supporto delle future politiche nazionali».
«Attraverso l’azione del Fondo – conclude Fosti – le competenze digitali diventano un motore di crescita, innovazione e inclusione sociale, capace di offrire alle persone nuove opportunità di realizzazione e partecipazione attiva, contribuendo allo sviluppo di una società più equa e consapevole degli strumenti che il digitale può offrire».
Nel 2025 il Fondo cresce ancora: 149 progetti per oltre 140 mila persone
Nel 2025 il Fondo per la Repubblica Digitale ha consolidato la propria azione, ampliando la rete di partenariati e la scala degli interventi. Sono 149 i progetti sostenuti, per un totale di circa 74 milioni di euro assegnati e oltre 140.000 persone coinvolte tra studenti, lavoratori, donne, cittadini e soggetti fragili.
Le iniziative attivate hanno visto la partecipazione di più di 1.130 organizzazioni su tutto il territorio nazionale: oltre 580 enti privati senza scopo di lucro, 350 enti pubblici – tra cui scuole e università – e più di 190 realtà for profit. I progetti selezionati hanno come destinatari principali NEET (acronimo di “Not in Education, Employment or Training”): donne, disoccupati e inattivi, lavoratori a rischio demansionamento, studenti, operatori del terzo settore e cittadini, con l’obiettivo di rafforzare le competenze digitali come leva di inclusione e occupabilità.
In questo scenario si inseriscono anche due iniziative strategiche sostenute da Google.org:
- Il bando crescereAI, con 2,2 milioni di euro destinati allo sviluppo di soluzioni di Intelligenza Artificiale open source per le PMI del Made in Italy. Iniziativa che sostiene quattro progetti innovativi nei settori agrifood, turismo ed energetico.
- Il bando vIvA, con una dotazione complessiva di 2,6 milioni di euro disponibili in cofinanziamento tra il Fondo e Google.org, è dedicato alla formazione in ambito IA nei settori del Made in Italy, a beneficio di persone in condizioni di vulnerabilità e difficoltà.
100 milioni fino al 2026 per un digitale inclusivo
Con il nuovo Piano Strategico 2025-2026, il Fondo per la Repubblica Digitale entra in una fase di maturità, confermando la continuità operativa e la solidità del modello che negli ultimi anni ha permesso di finanziare e sperimentare progetti capaci di coniugare innovazione e impatto sociale.
Le risorse messe in campo per il biennio ammontano a 100 milioni di euro, destinate a rafforzare le attività avviate e a sostenere nuove iniziative orientate alla crescita delle competenze digitali e all’inclusione.
Il piano, approvato dal Comitato di indirizzo strategico lo scorso febbraio, punta su quattro direttrici principali: riedizione su scala più ampia dei bandi già realizzati, l’incremento del bando Fuoriclasse dedicato al reinserimento delle persone detenute attraverso il digitale, l’apertura di un canale di cofinanziamento e il potenziamento dei Centri di Facilitazione Digitale, iniziativa in collaborazione con il Dipartimento per la Transizione Digitale.
Circa 85 milioni di euro saranno destinati allo scale-up dei progetti Futura, Onlife, Prospettive, Polaris e Digitale Sociale, che nella prima fase hanno dimostrato maggiore impatto in termini di beneficiari raggiunti e risultati concreti. L’obiettivo è passare dalla sperimentazione alla scalabilità, testando la capacità di iniziative di maggiori dimensioni e fornendo al decisore pubblico modelli replicabili di efficacia e inclusione.
Dai bandi di scale-up al cofinanziamento, tutte le nuove opportunità
Le attività del Fondo si ampliano anche sul fronte dei grandi programmi di scale-up, con l’avvio dei bandi Onlife+ e Futura+.
Con una dotazione rispettivamente di 20 e 15 milioni di euro, i due interventi mirano a rafforzare le competenze digitali di NEET (giovani tra 15 e 34 anni) e donne (tra 18 e 67 anni), favorendo il loro inserimento e la permanenza nel mercato del lavoro.
La partecipazione è aperta a enti pubblici, soggetti del terzo settore e organizzazioni private senza scopo di lucro, anche in partenariato con realtà for profit. Le proposte progettuali potranno essere presentate fino al 18 dicembre.
A questo si aggiunge una nuova linea di cofinanziamento da 5 milioni di euro, pensata per attrarre risorse private e promuovere collaborazioni strategiche con grandi player tecnologici, come già avvenuto con i progetti sostenuti da Google.org nel campo dell’intelligenza artificiale.
Il canale di cofinanziamento è stato concepito per favorire il confronto e la collaborazione tra soggetti pubblici e privati, con o senza scopo di lucro, valorizzando esperienze e pratiche condivise sui temi della formazione e dell’inclusione digitale. Questo approccio consente di amplificare l’impatto delle iniziative sostenute e di rafforzare la consapevolezza sul valore dell’investimento congiunto come leva per la formazione digitale e il reinserimento sociale delle categorie più fragili.
Il canale di cofinanziamento è aperto e le candidature possono essere presentate fino al 31 dicembre.
La formazione digitale entra in carcere per costruire un reinserimento da “Fuoriclasse”
Secondo lo studio “Recidiva zero. Studio, formazione e lavoro in carcere”, realizzato da The European House – Ambrosetti e presentato il 16 aprile 2024 in un incontro promosso da CNEL e Ministero della Giustizia, solo il 6% delle persone detenute in Italia partecipa a percorsi di formazione professionale. Negli ultimi anni (2021-2023) si è registrato un aumento dei corsi e delle iscrizioni, concentrati soprattutto nei settori di cucina e ristorazione, giardinaggio e agricoltura, edilizia. Tuttavia, secondo i dati della Fondazione Censis, i percorsi legati al digitale rappresentano meno del 5% dell’offerta formativa nelle carceri italiane.
Per colmare questo divario e promuovere il reinserimento sociale attraverso la formazione digitale, il Fondo per la Repubblica Digitale, in collaborazione con il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) e il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ha lanciato il bando Fuoriclasse.
A fronte dell’elevato numero di idee progettuali presentate, il plafond iniziale di 5 milioni di euro è stato raddoppiato a 10 milioni, a conferma dell’interesse e della qualità delle proposte ricevute.
Gli esiti dei progetti selezionati per Fuoriclasse verranno annunciati ad inizio 2026.