«In Svezia se sei un libero professionista, hai un’idea e vuoi aprire un’attività non vieni lasciato solo. Basta presentare un business plan alla camera di commercio e da lì parte un processo gratuito in cui ti vengono trasmesse le basi di marketing, gestione e molto altro». Di solito quando guardiamo con ammirazione al nord Europa lo facciamo per il sistema di welfare e di diritti, che hanno posto quest’angolo di Europa in cima alla classifica dei Paesi che tutelano di più individui e famiglie. Quanto ci ha spiegato Nicoletta Consumi, classe 1980, ci ha permesso di allargare lo sguardo e capire che da quelle parti molta attenzione viene posta anche alle imprese che nascono.
In questa nuova puntata della rubrica “Italiani dell’altro mondo“, siamo volati in Svezia per incontrare una donna che vive lì ormai da più di dieci anni. Nata a Firenze lo stesso giorno della Battaglia di Campaldino – combattuta in campo aperto tra guelfi e ghibellini l’11 giugno 1289 – Nicoletta Consumi è un appassionata di storia, materia in cui si è laureata. Di mestiere ha fatto la giornalista per varie testate fino a quando è rimasta in Italia.

La scelta di lasciare l’Italia
«Poi nel 2012 ho conosciuto il mio futuro marito e l’ho seguito fino a Stoccolma, dove abbiamo vissuto per otto anni». Sono innumerevoli gli aneddoti che ogni persona vissuta lassù può fornire per spiegare come sono diverse le cose in nord Europa. Fermo restando il fatto che nessuno regala nulla e quando si parte da zero in un nuovo Paese bisogna affrontare la realtà. «Ho dovuto anche ricreare me stessa. Ho aperto una mia agenzia di comunicazione perché mi sono resa conto quanto sia importante l’esperto di comunicazione per le imprese piccole e medie, ma non solo».
Per come ce l’ha raccontata, la Svezia è un Paese particolarmente accogliente verso chi ha un progetto imprenditoriale. «Qui non esiste la retorica dell’imprenditore eroe, ma una cultura che accompagna e forma. Quello che ho notato è che in Italia spesso si inizia a fare impresa con passione, ma non sempre con una vera preparazione. Si copia, si spera. E poi ci si stupisce se l’attività chiude».

Secondo Consumi «il problema nasce non dall’assenza di talento ma dall’assenza di una cultura diffusa per fare impresa con metodo». Lontana dall’Italia da diversi anni ha comunque voluto mantenere un legame saldo, tanto che ha avviato un progetto di formazione per mettere a disposizione le competenze apprese in Svezia. «Si chiama Migliorabilità e unisce comunicazione, strategia di vendita e crescita. Ho formato circa 200 persone, soprattutto donne free lance».
Vade retro guru
Dopo la pandemia il trend della formazione online è cresciuto, con anche un sacco di esempi poco edificanti sui social dove alcuni propongono la classica scorciatoia per avere successo. «In Svezia non c’è questa retorica da guru: chi vuole creare un’azienda deve studiare, non esistono ricette facili. Serve riportare la formazione al suo scopo originario: rendere le persone capaci, non dipendenti da un metodo».
Nicoletta Consumi ha puntato poi ad abbattere un altro tabù che in Italia ancora resiste. «Se da imprenditore chiedi aiuto vieni visto come un debole, ma è l’esatto contrario. Qui chiedere aiuto viene visto come un atto di forza e lucidità. Fare impresa non è questione di coraggio, ma di competenze, di affiancamento».

In Svezia c’è poi un ecosistema molto più digitalizzato rispetto a quello italiano, che ha ridotto il livello di burocrazia e semplificato la vita non soltanto di chi fa impresa, ma dei cittadini in generale. «Qui non esiste presentarsi di persona a un ufficio pubblico: si fa tutto tramite app. La dichiarazione dei redditi sta in quattro fogli che ti vengono spediti. Questo è un modo per aiutare tutti».