Alcune informazioni su Heung-min Son che potreste non conoscere: il padre, ex calciatore, ha allenato personalmente lui e il fratello; fino ai 14 anni gli ha impedito di unirsi a una squadra e tutto quello che facevano era allenare i fondamentali: passaggi, dribbling, controllo palla. Uno degli esercizi – tra leggenda e verità – prevedeva che dovessero palleggiare per 4 ore senza mai far cadere il pallone e, se cadeva, il cronometro ripartiva da zero: «Dopo due ore vedevo il pavimento come fossero montagne russe: c’era solo una palla, ma sembravano tre…». Quando gli hanno chiesto se il padre era un allenatore severo, Son ha risposto «Sì, e anche spaventoso». Solo dopo sono arrivati gli esercizi per il tiro, con tutti e due i piedi. Racconta Roger Schmidt, che lo ha allenato allenato al Bayer Leverkusen, che dopo l’allenamento Son si fermava con il padre per provare «un sacco di tiri, con il destro e con il sinistro». In Germania era arrivato a 16 anni all’Amburgo e per imparare il tedesco guardava Spongebob. Il fratello ha giocato per un po’ a livelli semi-professionistici e poi si è ritirato, secondo il padre «Semplicemente non aveva nessun talento». Oggi fa l’allenatore nell’accademia aperta dal fratello in Corea del Sud, dove il calcio è insegnato sulla base dei metodi con cui sono stati cresciuti.
L’eliminazione della Corea del Sud ai Mondiali del 2018 sembrava costringerlo a 22 mesi di leva obbligatoria in patria – è diventato virale il suo pianto negli spogliatoi davanti al davanti al presidente sudcoreano Moon Jae-in – ma la successiva vittoria ai Giochi asiatici, dove ha partecipato come fuori quota con la Nazionale U23, gli ha concesso di trasformarlo in tre settimane di addestramento militare, che Son ha svolto nel 2020 durante il lockdown. Son si è presentato sull’isola di Jeju con i capelli rasati e si è dimostrato particolarmente abile al poligono di tiro, con le armi. Le agenzie pubblicitarie lo chiamano “il David Bechkam asiatico” e in Corea del Sud è una specie di divinità: secondo un recente sondaggio quasi il 22% del paese tifa per il Tottenham, la seconda squadra più tifata, lo United, è al 6%. Il suo ex compagno Wimmer, che lo ha accompagnato in un viaggio in Corea del Sud, ha raccontato che la gente impazziva per Son. «Se non lo vedi con i tuoi occhi, non puoi immaginarlo». Prima di partire Son gli aveva detto che non era tanto famoso in patria.
Photo by Republic of Korea Marine Corps
Oggi Son vive nel nord di Londra, in una casa di tre camere insieme ai genitori. Il padre gli ha consigliato di non sposarsi fino a quando non si ritirerà e Son gli ha dato retta: «Quando ti sposi, in cima ci sono moglie e figli e poi il calcio. Voglio essere sicuro che mentre gioco ci sia il calcio al primo posto». Secondo Transfermarkt, in questo momento, solo 13 giocatori hanno un valore di mercato più alto di Son. Il suo stipendio, però, è solo il 35esimo della Premier League.
Quando si parla di Son sono tutti pronti ad ammettere il suo talento eccezionale, eppure il suo nome entra raramente nelle liste dei calciatori più forti o dei più decisivi, nonostante i numeri degli ultimi anni dicano il contrario. Sembra quasi che ci scordiamo di lui, come se fosse in qualche modo invisibile. C’entrano forse le sue scelte di carriera: da quando è al Tottenham Son ha sempre avuto contratti lunghi e la fiducia di tutta la società, il che lo rende praticamente avulso al mercato e al suo infinito ciclo di notizie (avete mai pensato che Son potesse finire nella vostra squadra del cuore?). Il club per cui gioca, poi, è sempre raccontato come eternamente perdente e deve confrontarsi con almeno 5 o 6 squadre più forti o con più appeal anche solo all’interno dello stesso campionato. Anche dentro al Tottenham, Son è coperto dalla grandezza di Kane, che attira più attenzioni per il tipo di calciatore che è e per il suo essere il migliore tra quelli nati in Inghilterra.
C’è però un altro motivo per cui si parla così poco di lui in termini di grandezza ed è ovviamente la sua origine. C’è una certa reticenza del calcio europeo – diciamo anche un sottile razzismo – verso i calciatori asiatici, sempre etichettati solo come “rapidi”, “disciplinati”, al massimo “intelligenti”. Il complimento migliore che si fa a Son è che è il miglior calciatore asiatico di sempre, come se fosse una uber-rappresentazione di questo stereotipo. Eppure il profilo di Son, i suoi numeri, le sue statistiche, la capacità di confermarsi anno dopo anno in un contesto difficile come la Premier League, tutto conferma che Son è molto più di questo.
and if you knew this guy was also one of the elite athletes in the game, as pure a pace and power forward as exists, with this level of production…. you would not expect he spent his entire peak at tottenham right? pic.twitter.com/zeodpFvYeA
— Michael Caley (@MC_of_A) May 6, 2022
Il miglior finalizzatore della Premier
In questa stagione Son è il calciatore che ha segnato di più in Premier League se escludiamo i rigori. Lui 21 gol, Salah 17 (che con i rigori diventano 22), Cristiano Ronaldo 18. Contro l’Arsenal, sul 3-0, Conte l’ha tolto dal campo e Son si è infuriato parecchio: superare Salah e vincere il titolo di capocannoniere della Premier League sarebbe forse il definitivo riconoscimento del suo valore, per un giocatore che è rimasto anche un po’ incastrato nel suo ruolo ibrido tra ala e attaccante. Son non ha caratteristiche da esterno dribblomane che si accentra e tira, ma non è neanche un attaccante puro, di quelli forti di testa o comunque magnetici negli ultimi 16 metri, che sanno costruirsi occasioni su occasioni. La sua prolificità è legata soprattutto alla sua efficienza: Son è uno dei migliori calciatori al mondo nel rapporto tra tiri effettuati e gol realizzati.
Prendiamo l’ultimo, segnato da Son all’Arsenal. Non è un gol particolarmente difficile, ma Son fa due cose non banali: la prima è arrivare per primo sul pallone, la seconda – più importante – è non calciare “di forza”, cercando di bucare il muro di maglie avversarie, ma in una frazione di secondo capire che la miglior soluzione per lui è allargare il piatto e ritardare la conclusione fino all’ultimo per alzare un po’ il pallone e cercare l’angolo vuoto della porta, una sensibilità che dimostra un certo talento verso la ricerca del miglior tiro possibile.
Da questo punto di vista Son è un finalizzatore unico a suo modo: i suoi 21 gol sono arrivati da appena 79 tiri (Salah, per esempio, ne ha provati 126 per i suoi 17). La capacità di Son battere gli xG è storica: prendendo in considerazione gli ultimi cinque anni ha sempre avuto un saldo positivo eccezionale tra npxG e gol segnati. L’anno scorso è stato il migliore della Premier (+6,7), quest’anno con +6,5 è secondo solo a De Bruyne. Non è facile avere numeri così positivi con regolarità; per esempio il suo compagno Kane, in genere un finalizzatore eccellente, in questa stagione di Premier è a -4,2.
Proprio per sfruttare il suo cinismo, da quando è al Tottenham, progressivamente, Son si è allontanato dalla linea laterale per avvicinarsi al centro dell’area di rigore (nella stagione 2015/16 i tocchi per 90’ lungo la fascia sinistra del campo erano 20, oggi sono quasi la metà, 11). Anche nel 3-4-3 di Conte, Son è solo nominalmente l’esterno sinistro del Tottenham, ma finisce per stringere molto la sua posizione per occupare l’area di rigore, o tagliando dall’esterno verso il centro o comunque avvicinandosi a Kane, per le giocate a due tipiche degli attaccanti di Conte. Son e Kane giocano insieme da sette anni e nel tempo hanno sviluppato un’intesa ai limiti del telepatico. Ribaltando l’assunto per cui l’esterno rifinisce e il centravanti finalizza, nel Tottenham è Kane ad avere istinti da trequartista, mentre Son ha il dinamismo e il senso per la profondità di un centravanti.
Un’intesa che esiste anche fuori dal campo, come si vede bene nella serie All or Nothing: Tottenham.
Senza arrivare ai picchi del 4 gol di Son su 4 assist di Kane visti la scorsa stagione contro il Southampton, i 5 assist forniti dall’inglese al compagno in questa stagione sono il numero più alto della Premier a pari merito con Barnes e Vardy del Leicester e… Kulusevski per Son, una combinazione che Conte sta sfruttando molto grazie alla qualità dello svedese di entrare dentro al campo col sinistro per rifinire e quella di Son di tagliare dall’esterno verso il centro per concludere.
Son non è un attaccante che tocca molto il pallone o che prova molti dribbling – seppure due anni fa ha vinto il premio Puskas con un gol in cui ha saltato tutto il Burnley in velocità partendo dalla propria area di rigore – ma sfrutta la sua rapidità soprattutto lontano dalla palla. Son pensa e si muove più come un attaccante che come un’ala ed è così rapido e potente, sia nella corsa che nell’esecuzione, che per i difensori è quasi impossibile da recuperare una volta che gli è partito alle spalle.
Sono decine i gol in cui Son ha come delle intuizioni geniali in cui trova corridoi in cui inserirsi. Anche per questo è così cinico: le occasioni che si crea sono spesso occasioni pulite, grazie alla preparazione che viene prima. Creare separazione, trovare lo spazio per staccarsi dal difensore sono tutte caratteristiche dei grandi finalizzatori, perché avere mezzo metro in più dentro l’area di rigore fa tutta la differenza del mondo.
Destro e sinistro
Son è abile in tutti i fondamentali richiesti a un giocatore offensivo oggi: controllo, tiro, corse palla al piede, passaggi; tutte cose allenate in maniera ossessiva con il padre fin da quando era un bambino. Questo lo rende un calciatore molto più completo di un semplice (per modo di dire) finalizzatore. Son era fondamentale nel gioco di Pochettino per alzare l’intensità del pressing e per far risalire il gioco velocemente (ora lo è per Conte), inoltre la sua capacità di prendere decisioni giuste anche in velocità lo rendono un solido creatore di occasioni per i compagni pur non essendo particolarmente creativo (sempre intorno ai 2 passaggi chiave per 90′ in carriera).
C’è una cosa però in cui è eccezionale, probabilmente il migliore al mondo: calciare con il piede debole. In Premier League il sudcoreano ha segnato con il sinistro 37 dei suoi 85 gol, il 44%; il più vicino a lui in questa classifica è Lukaku, che ne ha segnati il 36% e in generale tutti quelli che ne segnano di più sono centravanti, che a pochi metri dalla porta devono arrangiarsi come viene quando si tratta di segnare. Son però è quel raro tipo di calciatore per cui vale la pena farsi la domanda “è destro o mancino?”. La naturalezza con cui calcia di sinistro è inspiegabile (anche uno come Cristiano Ronaldo, fortissimo di sinistro, è sempre un po’ innaturale quando usa il piede debole, l’unico che si avvicina a Son in questo senso è, forse, Dzeko). Van der Vaart, che ha giocato con lui all’Amburgo, sosteneva che Son non sapesse neanche quale fosse davvero il suo piede forte.
Prima del gol all’Arsenal, Son ne aveva segnati quattro consecutivi di sinistro, tra cui una doppietta al Leicester che spiega in maniera abbastanza accurata come può usare il suo piede debole. Nel primo – una di quelle connessioni tra lui e Kulusevski – riceve un pallone leggermente arretrato nel cuore dell’area di rigore. Son deve allora girarsi spalle alla porta e controllarlo mentre scorre verso l’esterno, con un difensore che lo copre. Dopo una finta impercettibile di andare sul destro, Son lascia passare il pallone, lo ferma con l’interno destro e poi facendo perno con la gamba destra lo calcia a incrociare di sinistro tagliando fuori difensore e portiere. Nella stessa situazione un attaccante che pensa solo con il destro avrebbe dovuto costruirsi un tiro molto più difficile.
È il secondo però, arrivato pochi minuti dopo, a farci chiedere se Son non sia effettivamente ambidestro («Qual è il tuo piede preferito, destro o sinistro?» gli ha chiesto Conte dopo la partita).
La reazione di Höjbjerg alle sue spalle è un po’ la reazione di tutti: come si fa a calciare così con il piede debole?
Son viene descritto da tutti i compagni come “un ragazzo d’oro”, una persona positiva nello spogliatoio, sempre allegro e alla mano. Nella serie All or Nothing: Tottenham si capisce bene che tipo di compagno è, ma anche che tipo di atleta sia: uno che pretende molto da sé stesso. Son sembra spinto dalla necessità di soddisfare le aspettative di tutti quelli che gli sono attorno, costantemente: quando si è rotto un braccio, in un momento della stagione in cui mancava anche Kane, lo abbiamo visto cercare di non sottoporsi a una lastra per non dover saltare partite e deludere Mourinho. Anche nel rapporto con il suo paese cerca di essere sempre perfetto: Son non rifiuta mai un’intervista con media sudcoreani e si ferma sempre a parlare con i moltissimi tifosi che lo vengono a trovare al centro d’allenamento. Durante le partite del Tottenham si possono vedere sempre diverse bandiere della Sud Corea. In ogni intervista sottolinea quanto sia importante per lui rendere fiero il suo paese, di cui si sente un ambasciatore nel mondo. Per farlo ha sviluppato un’etica del lavoro marziale (e il suo idolo è Ronaldo, tanto che viene chiamato anche Sonaldo), mutuata dagli insegnamenti del padre. Un suo ex compagno ha definito la sua dedizione al calcio «assurda». Quando gli hanno chiesto cosa fosse cambiato con Conte, Son ha parlato della quantità insana di lavoro che fanno con l’allenatore italiano, ma lo ha fatto con la luce negli occhi, come se non aspettasse altro che avere qualcuno metodico e ossessivo come lui per quanto riguarda il calcio.
È anche questo tipo di mentalità che ha permesso a Son di migliorare ancora alla soglia dei 30 anni, di farlo nel campionato più difficile di tutti, che tende a respingere più che accogliere i calciatori che vengono da fuori. Dopo una prima brutta stagione il Tottenham era sembrato sul punto di cederlo, ma Son ha resistito e si è imposto, diventando rapidamente un giocatore imprescindibile. Domenica giocherà l’ultima partita della stagione contro il Norwich, una vittoria assicurerebbe al Tottenham un posto nella prossima Champions League, un traguardo che sembrava impensabile qualche mese fa. Son segnando potrebbe diventare il miglior marcatore della Premier. È anche tra i candidati finali al premio di miglior giocatore dell’anno, vincerlo sarebbe un passo in più verso un definitivo riconoscimento che a questo punto è inevitabile. Cosa gli mancherebbe poi per essere considerato tra i migliori al mondo? Forse un trofeo a livello di club, ma le difficoltà del Tottenham vanno storicamente oltre Son, che anzi era stato decisivo con tre gol al City nella Champions League 2018/19, persa poi in finale con il Liverpool. Forse la scelta di restare legato al club di Londra lo ha limitato: la corsa dei migliori giocatori verso le poche squadre in grado di assicurare un certo livello è inarrestabile e il motivo è proprio che sempre di più valutiamo i singoli in base alle vittorie di squadra.
Son non sarà mai Lewandowski o Benzema, probabilmente neanche Salah o Kane, pur avendo statistiche migliori non è ancora riuscito ad avere quel livello di consistenza partita dopo partita che permette ai grandissimi giocatori di essere considerati tali, eppure è sempre più difficile non riconoscergli i meriti che gli spettano. Oltre la sua origine e i pregiudizi che lo accompagnano, Son è lì, tra i giocatori più importanti di questi anni, basta ricordarcelo di tanto in tanto.