Il ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti ha annunciato una accelerazione sulla necessità di procedere con il piano quinquennale di allineamento delle accise tra diesel e benzina. E i contabili dello Stato già si sfregano avidamente le mani, perché questo permetterà di incamerare un tesoretto notevole di oltre mezzo miliardo di euro nel solo 2026.

Un tesoretto che, nemmeno a dirlo, è l’ennesima tassa occulta ai danni del ceto produttivo del Paese. I veicoli diesel, ça va sans dire, sono la scelta principale di aziende e PMI per costituire la propria flotta aziendale e sempre a gasolio vengono alimentati i grossi veicoli adibiti all’edilizia, al trasporto di merci e al lavoro nei campi.

Secondo i calcoli dell’esecutivo rintracciabili all’interno della relazione tecnica che accompagna il disegno legge Bilancio 2026 appena inviato al Parlamento, dall’allineamento delle accise fra diesel e benzina lo Stato si aspetta di mettere in cassa 550 milioni di euro in più l’anno prossimo e 2,6 miliardi complessivamente fino al 2033.
La tassa è europea e risponde a ragioni ambientali (Sussidi ambientalmente dannosi) ma Bruxelles lascia liberi i 27 di intervenire come meglio credono e, soprattutto, da quanto è dato sapere non avrebbe imposto in materia alcuna accelerazione.

In base all’allineamento che l’esecutivo di Giorgia Meloni ha inserito tra le pieghe della Manovra 2026 l’aliquota di accisa sulla benzina sarà ridotta di 4,05 centesimi euro/litro, mentre quella sul gasolio subirà un aumento dello stesso importo con la necessità di portare entrambe le accise a 67,29 centesimi euro/litro dal 1° gennaio 2026.