Il digital audio è oggi uno dei comparti più dinamici del mercato dei media. Secondo il Global Entertainment & Media Outlook 2024–2028 di PwC, la pubblicità audio digitale cresce a un ritmo medio annuo del 7,5% e raggiungerà i 13,8 miliardi di dollari entro il 2026. In Italia, l’ultimo Digital Audio Survey di IAB certifica che il 76% degli utenti online su internet ascolta contenuti audio ogni settimana, mentre il 42% utilizza almeno un formato spoken.
La relazione tra audio e attenzione è sempre più evidente: ricerche di Neustar, Lumen Research e Havas mostrano che quasi la metà degli ascoltatori trasferisce la credibilità del contenuto all’advertising correlato e che oltre quattro consumatori su dieci effettuano un acquisto dopo l’esposizione a un annuncio audio. Anche una piccola variazione nel media mix ha un impatto significativo: un incremento dell’1,8% del budget sugli audio format genera un aumento del 23% del ritorno sull’investimento pubblicitario.
Dentro questa crescita si sta affermando una categoria che fino a due anni fa era considerata laterale: gli Spoken Article, articoli testuali convertiti in audio tramite tecnologie di text-to-speech e intelligenza artificiale.
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Cosa distingue gli Spoken Article dai podcast
La diffusione degli Spoken Article non coincide solo con una curiosità tecnologica, ma con un cambiamento nelle modalità di fruizione dell’informazione. Secondo Ipsos, nel 2025 il 53% degli italiani conosce il formato e il 33% lo ha ascoltato almeno una volta; il bacino potenziale supera i 10 milioni di utenti.
La differenza principale rispetto ai podcast è nel momento d’uso. Lo Spoken Article risponde a un bisogno immediato: l’utente vuole informarsi nell’istante in cui atterra su una pagina e non ha tempo o modo di leggere. Se non può ascoltare, spesso abbandona il sito. Il podcast, invece, vive in un rituale completamente diverso: tempi più lunghi, un approccio più rilassato, una fruizione che accompagna altre attività.
Le due modalità non competono perché non possono coesistere; chi ascolta uno Spoken Article non può ascoltare un podcast nello stesso momento, e viceversa. È proprio questa incompatibilità a rendere gli Spoken Article un canale media distinto, con un valore strategico nella pianificazione dell’audio digitale.
Perché gli Spoken Article stanno entrando nelle Audio Strategy
L’adozione da parte degli editori sta accelerando perché il formato intercetta un comportamento che, fino a poco tempo fa, non aveva soluzione: trattenere gli utenti che non vogliono leggere un articolo, ma sono comunque interessati al contenuto. Aggiungere l’ascolto nativo dentro la pagina significa aumentare il tempo speso, ridurre il tasso di abbandono e creare un nuovo spazio di monetizzazione, più pulito e meno affollato rispetto ai formati display tradizionali.
Per gli advertiser rappresenta un contesto particolarmente prezioso perché ogni stream equivale a un ascoltatore unico, senza sovrapposizioni e senza dispersioni tipiche dell’audio distribuito su piattaforme terze.
In questa logica, l’audio diventa un elemento strutturale del media mix, non più un’estensione tattica, ma un canale con dinamiche autonome di reach, frequenza e attention. Una strategia audio completa oggi alterna formati diversi – podcast, catch-up radio e spoken content – in base ai contesti d’uso e agli obiettivi di campagna.
La nuova frontiera dell’audio digitale non è una battaglia tra formati, ma una ridefinizione dei comportamenti di ascolto. L’emergere degli Spoken Article dimostra che l’audio può diventare un’infrastruttura funzionale dell’informazione online, capace di aumentare la qualità dell’esperienza per l’utente, la sostenibilità economica per gli editori e l’efficacia per i brand che pianificano audio.
È il passaggio dal podcasting come fenomeno culturale alla costruzione di un ecosistema fatto di spoken content intelligenti, personalizzati, misurabili e sempre più integrati con il linguaggio naturale delle persone.

Audioboost e l’industrializzazione degli Spoken Article
È in questo spazio che si inserisce Audioboost che con la piattaforma Speakup-Article ha costruito un’infrastruttura in grado di trasformare qualsiasi sito in un sito “audible” in pochi istanti. La suite combina modelli vocali AI, analisi semantica, analisi strutturale del testo e una tecnologia proprietaria per l’ottimizzazione degli audio ads. Queste tecnologie saranno disponibili anche a SIOS25, dove Audioboost sarà presente per mostrare come il contenuto scritto possa diventare audio nativo, scalabile e monetizzabile.
Audioboost è una startup fondata nel 2021 in Puglia da Cristina Pianura ed Enrico Ballerini, con l’obiettivo di costruire una versione “audible” del web basata sull’AI voice. Oggi opera tra Bari e Milano, è titolare di un brevetto europeo per l’inserimento semantico degli spot audio e parteciperà alla delegazione ICE al CES 2026 di Las Vegas.
Negli ultimi due anni ha avviato un percorso di internazionalizzazione che l’ha portata in Romania, Spagna, Messico, Brasile e Taiwan, sostenuta da investitori privati e dalla holding israeliana Branovate. La crescita del fatturato è rimasta a doppia cifra dal 2022 al 2024 e il trend è confermato anche per il 2025.
La società ha installato più di 500 milioni di player su 300 domini, generato oltre 2,8 milioni di spoken article e raggiunto 70 milioni di visitatori unici mensili. In Italia detiene circa il 50% della quota di mercato del segmento ed è l’unico player in grado di pianificare digital audio direttamente dentro gli Spoken Article.
La tecnologia sviluppata da Audioboost ha introdotto diverse innovazioni che ne spiegano l’adozione massiva. La qualità della voce sintetica è stata perfezionata con regole fonetiche e semantiche specifiche per l’italiano, mentre la playlist integrata propone una sequenza di contenuti pensata per favorire l’ascolto continuo. Anche l’accessibilità è stata affrontata come una priorità: l’interfaccia audio è pienamente conforme all’European Accessibility Act e può essere integrata con i principali plugin dedicati.
A partire da questa tecnologia è nato StoryCast, un sistema che permette la distribuzione dei podcast direttamente sulle pagine degli editori che utilizzano Speakup-Article, invertendo il paradigma tradizionale: non è più il pubblico a dover raggiungere una piattaforma terza, sono i contenuti a raggiungere il pubblico nel luogo in cui sta già navigando.