Guai per Airbnb, cosa sappiamo sulla decisione dell’Alta Corte di Dublino sugli affitti brevi nei territori occupati della Cisgiordania

Guai per Airbnb, cosa sappiamo sulla decisione dell’Alta Corte di Dublino sugli affitti brevi nei territori occupati della Cisgiordania

L’Alta Corte di Dublino ha deciso di annullare la decisione della polizia irlandese di non esaminare la questione degli affitti brevi di Airbnb nei territori occupati dai coloni israeliani in Cisgiordania, respingendo l’argomento secondo cui non avrebbe giurisdizione in merito. A occuparsi della vicenda è stata l’organizzazione non governativa Sadaka, che ha fatto richiesta alle autorità per verificare se la piattaforma stesse violando o meno le leggi irlandesi – Airbnb ha una sede nel Paese – mettendo a disposizione alloggi in zone al centro dell’attenzione globale per le violazioni ripetute dei diritti nei confronti della popolazione palestinese.

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Territori occupati: l’inchiesta contro Airbnb e Booking

La vicenda degli affitti brevi in Cisgiordania non è nuova. Se ne è occupata tempo fa la rivista britannica Guardian: piattaforme come Airbnb e Booking, come ricostruito dalle inchieste giornalistiche, mettono a disposizione alloggi degli host che si trovano all’interno di territori occupati dai coloni israeliani. Si tratta talvolta di appartamenti e ville di lusso.

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Come si legge sul Jerusalem Post, questa sentenza dell’Alta Corte di Dublino non comporta una indagine immediata e al momento non ha conseguenze sugli annunci in quelle zone del Medio Oriente. La stessa ong ha dichiarato che la decisione della polizia di non indagare per questioni di giurisdizione fosse «legalmente errata e irrazionale». Secondo l’inchiesta del Guardian le piattaforme degli affitti brevi da tempo stanno aiutando i coloni a monetizzare le occupazioni in Cisgiordania.