Prosegue il nostro piano editoriale delle Feste di Natale, in cui proponiamo alla community che ci segue alcuni dei migliori pezzi usciti sul magazine quest’anno. Il venerdì, come sapete, è il giorno in cui maciniamo più chilometri in assoluto: siamo stati in Australia, a San Francisco, nel nord Europa e in Asia. Lo facciamo perché ci piace incontrare gli Italiani dell’altro mondo, che raccontiamo in una rubrica pensata proprio per dare voce a chi sta all’estero, fa esperienza e mantiene saldo il contatto con l’Italia per trasferire competenze e know how. Clorinda Sgromo, Vincenzo Cerullo e Valentina Garonzi sono i protagonisti di questa puntata speciale. In questo articolo trovate i link alle loro interviste.

Clorinda Sgromo
«Sono nata e cresciuta in un piccolo paese in Calabria, vicino a Lamezia Terme. Leggevo tantissimo, anche perché l’unico intrattenimento era la biblioteca. Altrimenti dovevi giocare a pallone. Leggere era come viaggiare. Quando mi sono iscritta alla Cattolica di Milano non avevo un piano B: per poter permettermi le borse di studio dovevo mantenere una media molto alta. Non sono andata contro i miei genitori, ma so che erano spaventati dalla mia passione per i rischi». Clorinda Sgromo, classe 1992, ci ha parlato dal nord dell’Australia dove quest’anno è arrivata per ricominciare da capo in un Paese dove, per rimanere, bisogna darsi molto da fare. In una delle tante puntata della rubrica abbiamo scritto della sua esperienza, tra Italia, Stati Uniti, Svizzera e Australia. «Questa precarietà non mi fa paura. Ovvio che è uno stress non avere una stabilità, ma puoi giocarla a tuo favore e puoi riprenderti il tempo libero». A molte ore di fuso orario lontano da casa ha fatto di tutto, lavorando negli eventi ma anche nelle farm. «Voglio cercare la mia strada».

Vincenzo Cerullo
«La Finlandia il Paese più felice al mondo? Qui hanno fatto un sacco di sketch comici a riguardo. Non si sentono i più felici, ma quel che posso dire è che non è un posto in cui tutti pensano al lavoro. Se alle 16:30 sei ancora in ufficio e non fai almeno tre sport vieni visto un po’ male». A Helsinki Vincenzo Cerullo vive dal 2009, quando è tornato in Europa dopo un periodo di studi e post dottorato negli Stati Uniti, a Houston. Quasi dieci anni fa ha fondato Valo Therapeutics, che quest’anno fa ha chiuso un round da 19 milioni di euro. «Non ho mai avuto un ruolo operativo nell’azienda. Sono lo scientific founder, faccio da consulente e sono direttore dello scientific advisory board. Per il resto ho sempre lavorato in accademia». La sua storia, che abbiamo raccontato in un appuntamento del venerdì, rappresenta un caso emblematico che mostra quanto dalle università possano sbocciare idee di impresa. Valo Therapeutics è una biotech che sta conducendo studi clinici per una terapia sui pazienti oncologici. «Il mio interesse per la ricerca sul cancro è diventato un’ossessione quando oltre 10 anni fa mio figlio Victor si è ammalato di tumore. Aveva un anno e fortunatamente ce l’ha fatta».

Valentina Garonzi
«Dopo la laurea in economia e il master in management ne ho frequentati altri in geopolitica e poi in social foresight. La geopolitica in particolare è un aspetto che mi interessa come Ceo dell’azienda. Mi serve per avere informazioni in più, per capire cosa succede con le relazioni internazionali». L’approccio di Valentina Garonzi, 34 anni, Ceo di Diamante, potrebbe valere per qualsiasi imprenditore che – non importa il settore in cui opera – comprende le complessità degli odierni sistemi economici. Tra dazi e guerre chi può permettersi il lusso di ignorare cosa accade nel mondo? A maggior ragione per questa imprenditrice veronese a guida di una biotech attiva in uno degli ambiti che necessitano di continui contatti con l’estero. In una puntata della rubrica l’abbiamo intervistata di ritorno da Boston, dove ha partecipato al BIO International Convention. Nel padiglione italiano organizzato dall’ICE -Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane ha avuto modo di entrare in contatto con un network di potenziali investitori e corporate. «Non si può prescindere dall’estero. Abbiamo tra gli investitori un fondo israeliano con sede negli USA. Nel nostro advisory board contiamo solo membri internazionali».