Gli ultimi giorni dell’anno sono quelli in cui la redazione di StartupItalia tira le somme dei 12 mesi trascorsi insieme alla community, mette in ordine le storie pubblicate sul magazine e propone una selezione di quelle che possono essere di grande ispirazione nel periodo delle feste di Natale. Come ogni lunedì, ormai lo sapete, dialoghiamo con gli investitori con le nostre interviste ai VC, ai business angel, a chi supporta in generale le startup. Ciascuno dei tre profili che vi presentiamo in questo articolo contiene un link a un’intervista.

Enrico Pandian
Un imprenditore seriale che da molti anni è diventato un punto di riferimento per l’ecosistema degli investimenti in startup. Enrico Pandian ha alle spalle Everli, Checkout Technologies, FrescoFrigo, PrezziPazzi e altre 13 aziende. «È un periodo di grande pulizia – ci ha spiegato in un’intervista pubblicata quest’anno sul magazine -. Ed è molto positivo per via della maggiore consapevolezza da parte di tutti gli attori. Non siamo più nel momento in cui soldi erano gratis». Pandian a vissuto gli ultimi decenni dell’ecosistema dell’innovazione da imprenditore su più fronti tecnologici. Dalla spesa smart alla computer vision in ambito retail, ha chiuso exit e da quasi 15 anni investe in diverse startup italiane, ma soprattutto estere. In questa intervista del lunedì ci ha raccontato come si muove nel mercato pre seed e seed, cosa lo colpisce e che cosa ha imparato. «Agli occhi di un investitore l’entusiasmo di un founder piace, ma non tutti poi sono bravi nell’execution. Ecco perché un investitore deve concentrarsi sui trend e non nel day by day».

Sara De Benedetti
Qual è il percorso per diventare un venture capitalist? Alcuni se lo possono chiedere, soprattutto tra i giovani che guardano con interesse all’ecosistema innovazione. Sara De Benedetti, classe 1994, di Torino, è diventata direttrice degli investimenti in Italia di Ring Capital, fondo francese che sta esplorando possibili operazioni nell’ecosistema italiano. Avendo studiato il francese fin da piccola grazie a una scelta lungimirante dei genitori, ha trovato un importante punto di contatto con la società d’Oltralpe. «Il fit culturale è stata la prima cosa che ci ha avvicinati». Non ha trovato subito il venture capital sulla propria strada. «Ho studiato economia e commercio a Torino, e poi ho fatto amministrazione e controllo aziendale». Tra le sue passioni iniziali quella più grande è stata per il diritto fallimentare. Dopo un esperienza in Erasmus a Friburgo, in Germania, è entrata in KPMG poco prima di laurearsi. «Ma non sarebbe stato il mio futuro. Le aziende su cui interveniamo erano grandi e molto strutturate, con prospettive non rosee. A me invece piaceva l’idea di poter avere un impatto diretto e positivo sulla crescita delle aziende».

Stefano Mainetti
«Sono figlio di una maestra di scuola elementare. Mi ha trasmesso che insegnare è un atto d’amore. Ma il mio approccio è stato diverso. La mia gratificazione derivava dall’insegnare qualcosa che poi si traducesse rapidamente in pratica. Per me non bastava il metodo, l’invenzione, il brevetto: dovevo vedere lo sviluppo sul mercato finale. Gli anni alla guida di PoliHub sono stati tra i più belli della mia vita». Stefano Mainetti, 65 anni, è stato tante cose nel corso della sua carriera. Quest’anno lo abbiamo intervistato su StartupItalia per farci raccontare il suo punto di vista sull’ecosistema e sui suoi potenziali sviluppi. Stefano Mainetti ha guidato il PoliHub dal 2013 al 2020. «Non mi è sembrato vero. Abbiamo costruito una valida value proposition nel deeptech. Negli ultimi tempi valutavamo fino a 1400 team l’anno, una settantina li consideravamo validi, e alla fine, con il fondo Poli360 investivamo in tre/quattro pre-seed l’anno». Grazie all’esperienza con Poli360, gestito in collaborazione con 360 Capital Partners, «ho appreso quanto sia importante la professionalità di chi opera per sviluppare le iniziative imprenditoriali mediante il capitale di rischio».