Uno studio condotto da Costa et al. analizza l’impatto di microplastiche, fibre sintetiche e altre particelle di origine antropica nel golfo della Patagonia, in Argentina. La ricerca si è concentrata sia sulle acque costiere che sui sedimenti intertidali. La Patagonia è meta di turismo balneare e naturalistico, ma è anche area di riserve naturali protette. Alcuni suoi ecosistemi, per la lontananza dell’uomo, dovrebbero essere al sicuro, tuttavia le conseguenze dell’inquinamento umano arrivano. Questo le rende area perfetta per le ricerche sul tema della preservazione ma anche di cura contro le particelle antropiche più dannose.
Costa et al. hanno campionato l’acqua marina e i sedimenti di diverse località del golfo. Hanno utilizzato dei protocolli preparati ad hoc per raccogliere dati su quantità, dimensione, composizione e distribuzione delle particelle antropiche. Fibre tessili e microplastiche sono le più presenti, parliamo di residui di reti, vestiti, cappellini, costumi ma anche bottiglie, sacchetti di plastica, giochi da spiaggia, scarpe da mare. Anche le attività commerciali (turismo, industria, locali) possono influire nonostante l’attenzione richiesta su questo problema. A rimetterci gli ecosistemi acquatici con i loro abitanti: pesci, tartarughe, uccelli, altri animali che vivono o transitano nella Patagonia.

Le cause stagionali dell’inquinamento marino ma anche dei fattori naturali come il ciclo delle maree da conoscere e rispettare
Quando si inquina di più? Il turismo dovrebbe essere stagionale ma in realtà si viaggia sempre, anche per lavoro o brevi vacanze. È un’informazione importante che i ricercatori hanno analizzato considerando le variazioni stagionali sulle concentrazioni delle particelle. Non è solo “quando viaggia il turista”, il problema risiede anche nei cambiamenti meteorologici, nei cicli di marea e poi con i livelli di attività umana.
Chiaramente, maggiore è l’afflusso turistico e maggiore è l’inquinamento legato, ad esempio, al traffico nautico o all’uso ricreativo della costa. La Patagonia quindi deve affrontare due problemi: la diffusione di sostanze tossiche tra la fauna marina che perisce avvelenata, il bioaccumulo che si trasmette nella catena alimentare.
Le specie animali che hanno ingerito microplastiche vengono mangiate da altri animali e, forse, anche da pesci che noi peschiamo. Le ricadute quindi sono ecologiche, economiche ma anche sociali. Gli autori della ricerca concludono con tre aspetti importanti, tre azioni da intraprendere presto:
- monitoraggio ambientale continuo;
- responsabilizzazione sociale delle comunità locali e viaggianti;
- politiche globali e locali mirate che creino leggi, strumenti e modi per far partecipare anche le comunità e i turisti alla preservazione della Patagonia con scelte responsabili.
Inquinamento marino in Patagonia: svelato un lato oscuro che minaccia la biodiversità è stato pubblicato per la prima volta su Lega Nerd. L’utilizzo dei testi contenuti su Lega Nerd è soggetto alla licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License. Altri articoli dello stesso autore: Daniela Giannace
