La gentilezza è una forza? Secondo una storia zen che si perde nei secoli sì. Narra infatti la leggenda di un monaco che viveva in cima ad una montagna. Un giorno un guerriero armato di spada decise di scalarla uccidendo tutte le persone che avrebbe incontrato. Arrivato in cima trovò il monaco sul crinale in stato di pace e armonia con la natura. Il combattente incapace di comprendere simili atteggiamenti sguainò comunque la spada insanguinata ma l’eremita, anziché fuggire, gli rivolse un gran sorriso. Il guerriero fu così spiazzato dalla reazione da perdere l’equilibrio e scivolare giù nel burrone.

Oggi, sul finire del 2025, a secoli di distanza da questa parabola, a sostenere che la gentilezza sia una forza non è una monaca zen, ma Cristina Milani: 59 anni, nata in Svizzera, psicologa, autrice, si occupa di gentilezza da oltre venti anni. È stata presidente del Movimento Mondiale della Gentilezza ed attualmente è presidente dell’associazione Gentletude in Svizzera e Italia. «Ci occupiamo di diffondere la gentilezza nella quotidianità, ispirando le persone, lavorando con la comunità, scuole e aziende in primis».
La gentilezza sembra un concetto astratto inserita spesso in contesti retorici ma ha effetti concreti studiati a livello accademico. Uno studio dell’Università di Harvard ha rilevato che le aziende con una cultura aziendale gentile, registrano un incremento del 31% della produttività e un aumento del 37% della redditività. Un semplice gesto di riconoscimento o incoraggiamento può migliorare il coinvolgimento e la motivazione dei dipendenti. L’Italia non è messa bene sul tema della gentilezza aziendale come ha dimostrato un recente studio di Gallup che evidenzia come il nostro Paese abbia livelli di stress lavorativi tra i più alti d’Europa. La gentilezza è uno strumento potente ma pochi la utilizzano.
Molti confondono la gentilezza con la debolezza. Da cosa nasce questo pregiudizio?
Il tema è che viviamo in una società poco umana e molto sistemica, quindi tutto è funzionale alla produzione, all’ottimizzazione del tempo, alla velocità di esecuzione, al lavorare in multitasking e poi è vero, siamo stati tutti condizionati dalla società, la gentilezza è percepita come debolezza mentre al contrario mostrare la forza vuol dire essere in gamba
«La gentilezza non è debolezza bensì forza»
Perché accade questo?
Perché dal dopoguerra abbiamo costruito una società consumistica costruita sull’individualismo dove vale il concetto “morte tua vita mia”, quindi se mettiamo insieme questi due aspetti, società sistemica e individualista, capisce che essere gentili va controcorrente.
Però parliamo chiaro, è più facile rispondere ad un gesto sgarbato in modo sgarbato, lo fanno tutti
È qui che si vede la forza della gentilezza, provate a rispondere con gentilezza ad un gesto sgarbato, la persona rimarrà spiazzata e non saprà come rispondere. Il nostro scopo è proprio quello di far provare agli altri quello che loro non riescono a fare. Se lei risponde in modo sgarbato vuol dire che ha perso l’equilibrio e le emozioni la stanno governando. Se è gentile vuol dire che è in grado di rimanere in equilibrio
Mi fa un esempio concreto?
Qualche giorno fa ho visto due persone che camminavano insieme per strada e stavano attraversando sulle strisce. Arriva una macchina che inchioda, andava molto veloce in prossimità delle strisce pedonali. Vedo una delle due persone pronta a rispondere urlando al conducente mentre l’altra lo guarda, batte la mano dolcemente sul cofano e dice “ehi, ciao, ci sono anche io qui, forse non mi hai vista” ed il conducente è rimasto spiazzato, lo vedevo che era già pronto a rispondere all’aggressività dicendo che andava di fretta, che dovevano sbrigarsi ad attraversare la strada. Invece con la gentilezza quella situazione si è conclusa senza drammi, con un gesto di scusa.
Le faccio io un esempio, mi dica se è davvero gentilezza. Ieri alla cassa del supermercato ho fatto passare una persona che aveva comprato solo due cose. È stata vera gentilezza? Confesso, non andavo di fretta. Se fossi stato di fretta avrei fatto un gesto sentitamente gentile?
Sta sollevando il tema della consapevolezza nella gentilezza che è un tema importante. Intanto rispondo subito che lei è stato comunque gentile perché il punto della gentilezza è fare qualcosa senza aspettarsi niente in cambio, senza avere un tornaconto personale. La consapevolezza della propria situazione emotiva è fondamentale. Conoscendo la mia situazione emotiva, la mia reazione andrà a migliorare o peggiorare la situazione dell’altro? Se in uno stato di agitazione o stress, lei riesce comunque a “vedere” l’altro, quello è un gesto che ha ancora più significato.
Lei ha parlato di gentilezza senza tornaconto, ma ci sono tanti casi di gentilezza manipolatoria…
Di quello ci si accorge subito, non è un problema.
«La gentilezza fa bene alla salute, lo dice la scienza»
Esistono studi che dimostrano che la gentilezza ha effetti misurabili sul benessere individuale?
Ce ne sono molti, nel mio ultimo libro “Tra swipe e silenzi: l’amore e l’amicizia ai tempi del digitale.” parlo di questi effetti. I benefici della gentilezza sulla salute sono comprovati a livello neurologico, praticare la gentilezza riduce i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) e la pressione sanguigna, si dorme meglio la notte, l’ansia si riduce perché essere gentile sollecita aumento della serotonina che è l’ormone della felicità
Allora mi dica, come i nostri lettori possono iniziare ad essere gentili? diciamo cose da “entry level”
Entrare in un ascensore e non schiacciare subito il pulsante del piano desiderato per evitare che qualcun altro possa salire o scendere con me; tenere la porta aperta di un negozio alla persona che sta entrando dietro di me; ma anche un buongiorno può essere rivoluzionario.

Lei ha scritto il libro “tra swipe e silenzi” per parlare di amore e gentilezza, perché?
Perché per essere gentile con gli altri, prima bisogna star bene con noi stessi, avere cura del proprio corpo, delle salute, delle relazioni intime e di conseguenza poi si può essere gentili con il mondo intero ma tutto parte da noi.
«Essere gentili online richiede più impegno rispetto all’offline»
Nel libro lei affronta il tema della gentilezza nell’era digitale, parlando di temi come il ghosting, il benching…è più difficile essere gentili online che offline?
Lo è perché nella comunicazione digitale non possiamo usare tutti i sensi che si usano nel mondo offline tipo l’olfatto, il tatto…avendo meno sensi a disposizione la comunicazione è più difficile. La maggior parte delle comunicazione online avvengono tramite la scrittura e comunicare empatia non è così facile, ci vuole maggiore attenzione.
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Mi è capito di leggere chat di adolescenti ed ho notato un linguaggio molto “asciutto” che ho percepito come poco gentile ma forse perché non sono più giovane…
Questo accade perché lei porta un bagaglio diverso, magari vorrebbe essere trattato in un certo modo e quindi agisce di conseguenza come nell’offline. I nativi digitali in alcuni casi sono più secchi nelle relazioni, sembrano più poveri di emozioni ma non possiamo generalizzare.
Parliamo di gentilezza in azienda. Quali sono i segnali che indicano che un’organizzazione ha davvero integrato la gentilezza nella propria cultura aziendale?
Quando faccio consulenze alle aziende mi bastano tre minuti da quando entro per capire se c’è gentilezza in quell’ambiente di lavoro al di là dei sorrisi di circostanza. La gentilezza in azienda è molto utile perché parliamoci chiaro, fa aumentare la produttività aziendale.
Cosa significa essere “gentili” in un contesto aziendale?
Non è solo regalare abbonamenti in palestra o prevedere un asilo aziendale, certo, aiuta, ma non è quello. Essere gentili vuol dire ascoltare le persone, significa “vedere” il lavoro dell’altro, ascoltare i bisogni, rendere partecipi delle decisioni aziendali, essere umili, una leadership che riesce a fare questo è una leadership gentile
«Il welfare aziendale è spesso frainteso come sinonimo gentilezza. Non è solo quello»
E tutto questo fa aumentare il fatturato?
Sicuramente fa ridurre i costi perché le persone verranno al lavoro volentieri; quindi, ci sarà meno turnover e l’azienda impiegherà meno tempo nel reclutare personale, colloqui, spendere energie e risorse.
E la gentilezza può avere anche un impatto sull’innovazione?
Certo che sì. Se so di essere coinvolta e non solo giudicata, se so di essere ascoltata, sarò ben disposta a fornire il mio contributo e non eseguirò solo ordini, parlo soprattutto delle grandi organizzazioni.

Lei che frequenta il mondo aziendale, nota dei cambiamenti a livello di gentilezza a livello di leadership?
In passato avevamo leaders carismatici, i trascinatori che magari non avevano molte competenze specifiche, poi siamo passati a leaders con competenze, ora dobbiamo passare a leader che inglobano queste due caratteristiche con la gentilezza, quindi leaders empatici, con capacità di ascolto e assertività. Ovviamente posso rimproverare un dipendente per un errore che ha commesso ma il modo in cui farlo, cambia completamente il risultato. Le aziende stanno lentamente capendo questo, hanno capito che il bastone e carota non funziona più.
Abbiamo forse parlato un po’ troppo del mondo aziendale…
Ma abbiamo fatto benissimo perché il modo di vivere l’azienda incide sulla gentilezza nella società perché, se non lavoro in un ambiente gentile, quando tornerò a casa non sarò gentile con i miei figli, non sarò gentile con mia moglie e non sarò gentile nemmeno con il fruttivendolo. Una società gentile passa anche attraverso aziende gentili.