Chi può contare sui nonni ha un patrimonio inestimabile. Vale tutto l’anno, ma ancora di più non appena, a giugno, chiudono le scuole. Cominciano le vacanze: già, ma chi tiene i bambini?
L’inizio delle vacanze terremota le gestioni famigliari, con genitori costretti a macchinare piani settimanali tra oratori, centri estivi, scuole di calcio e campi scout, smart working a scacchiera tra padre e madre e pure giorni di ferie prese separate. Alle vacanze, alle loro, molti genitori arrivano esausti, con tutto che vacanze – dal verbo vacare – starebbe per essere vuoti, essere liberi. Per non dire del guaio economico. Un centro estivo – dice un’indagine di Adoc e Eures sul 2024 – costa in media 154,30 euro a settimana per il tempo pieno: calcolandone 8, si spendono 1234 euro, che salgono a 2382 euro, con un piccolo sconto, se di figli se ne hanno due. E il costo è salito del 10% rispetto al 2023.
In Italia le vacanze più lunghe d’Europa
È che in Italia le vacanze estive sono le più lunghe d’Europa. Se in quasi tutti i Paesi europei l’ultima campanella marca l’inizio delle vacanze a metà giugno, dopo neanche sei settimane si torna in classe in Germania e Danimarca, dopo meno di otto in Francia, Olanda e Norvegia, per dire. Nella maggior parte delle regioni italiane si ricomincia dopo 13 settimane, l’estate più lunga d’Europa: come noi, Lettonia e Malta. Non è che chi va a scuola in Italia faccia, in tutto, più vacanze degli altri: gli italiani e i francesi, per confrontare chi culturalmente ci somiglia, hanno un numero di giorni di vacanza equivalenti, solo che i francesi li distribuiscono in maniera omogenea lungo l’intero anno scolastico facendo, dunque, un’interruzione molto più breve in estate. È che l’Italia resta aggrappata al calendario del grano, quando le scuole chiudevano a causa della mietitura – estiva, appunto – e le campagne richiedevano anche le braccia di bambini e ragazzi.
Il rischio del summer learning loss
Oggi che quelle braccia non servono più, ma non ne prende atto nessuno, sono le menti a patirne: Save The Children ha misurato il summer learning loss, ovvero l’apprendimento che si perde durante l’estate rispetto a quello costruito a scuola, scoprendo che è un precipizio per bambini e ragazzi in condizioni già difficili. Perché la lunga estate via da scuola non pesa a Trento esattamente come a Palermo. Non è solo – ma basterebbe – che chi vive in difficili condizioni economiche e sociali non si può permettere lo svago e le opportunità di crescita di un viaggio o di una vacanza (nel 2022 solo il 38,7% dei minori tra 0 e 15 anni ha potuto trascorrere una vacanza di più di 4 notti fuori cittàdurante l’estate: la percentuale in Trentino Alto Adige arrivava al 60,3%, in Calabria al 6,7%): chi vive già svantaggi socio-economici si perde le opportunità di crescita implicite in tutte le attività stimolanti sul piano educativo che si possono fare d’estate e ciò procura perdite significative nelle diverse aree di apprendimento. Le ricerche dicono che gli studenti che perdono terreno durante l’estate tendono ad avere difficoltà a recuperare, il che può avere ripercussioni a lungo termine sul loro successo scolastico, ma anche sul loro sviluppo socio-emozionale. Insomma, si riprende a settembre e può essere peggio di prima.
Le azioni dei governi
Per la verità, diversi governi hanno cercato di mettere mano al calendario per restringere la pausa estiva ma, alla fine, ci hanno tutti rinunciato. La scuola, lo sappiamo, non è un parcheggio, e siano benedette quelle che restano aperte anche d’estate con attività ricreative e di apprendimento, ma è ora che le difficoltà delle famiglie e dei figli diventino la preoccupazione del Paese. Invece, non li si prende sul serio. Siccome i genitori italiani sono ammortizzatori della migliore qualità, assorbono loro il calendario del grano, così come l’assenza di servizi educativi extrascolastici di valore, la scarsa flessibilità dell’orario di lavoro, la mancanza di supporti economici stabili nel tempo e di vera conciliazione famiglia-lavoro. Oggi, come sempre, nel disinteresse generale. La verità è che l’Italia chiede di fare più figli, ma poi lascia completamente sole le rare famiglie che li fanno. Sempre la Francia, per dire, spende il doppio di noi per supportare i genitori: sa che non è una spesa, ma in assoluto l’investimento migliore.