«Mi avevano molto colpito le parole pronunciate qualche anno fa al Festival del Giornalismo di Perugia dal capo innovazione del Guardian. Il futuro del giornalismo, diceva, è meno giornalismo». Jenny Romano, classe 1992, è Ceo e Co-founder di The Newsroom, una startup che sfrutta l’Intelligenza artificiale per aiutare le redazioni non a scrivere cento pezzi in una giornata, ma a organizzare meglio la ricerca delle storie migliori che popolano il web, valorizzando le fonti più affidabili e riducendo il rumore di fondo delle notizie che polarizzano e non portano alcun contenuto.
In questa nuova puntata della rubrica “Italiani dell’altro mondo” voliamo a Lisbona, in Portogallo, dove questa imprenditrice ha deciso di trasferirsi dopo un periodo di lavoro nelle Big Tech a Dublino, forse la capitale europea delle grandi corporate del settore. «Qui l’ecosistema non è certo grande come a Londra o a Parigi – ci ha detto – ma la cosa bella è che è molto facile fermarsi e fare una chiacchierata con persone interessanti».

Le Big Tech prima della startup
Come sempre, prima di parlare della tecnologia, indaghiamo il profilo. Jenny Romano è cresciuta a Sora, un piccolo comune in provincia di Frosinone (chissà se dalle parti di OpenAI lo conoscono…). Dopo gli studi al liceo scientifico, si è trasferita a Milano per studiare in Bocconi dove ha frequentato una laurea in inglese in economia. Nel corso del periodo accademico ha fatto esperienze anche all’estero: ha scelto la business school HEC Paris per un motivo preciso.
«Tra il primo e il secondo anno di specialistica hai la possibilità di frequentare stage. Io ne ho fatti due, uno in Google a Milano e l’altro in un incubatore per startup nel sud dell’India». Oltre al primo contatto con una Big Tech in cui poi avrebbe lavorato a lungo, è stato fondamentale il contatto con l’Oriente. «L’obiettivo in India era misurare l’impatto del programma di incubazione sulle capacità di leadership degli imprenditori locali».

Fino ad allora non aveva ben chiaro che cosa avrebbe voluto fare. Di certo, così ci ha confidato, il suo sogno non era fare l’imprenditrice, lei che in famiglia ha mamma e papà imprenditori. «La strada verso il settore tech per me è stata molto naturale. Ho iniziato in Salesforce nel 2017, a Dublino, dove mi occupavo di consulenza in prevendita. Poi tra 2018 e 2021 mi sono spostata a in Google».
Spunti per le redazioni
La storia di Jenny Romano dimostra che una delle tante soluzioni alla crisi del giornalismo a livello globale – non soltanto economica, ma anche di scarsa fiducia da parte dei lettori – può arrivare anche da chi non sta ogni giorno nelle redazioni. L’imprenditrice non è un giornalista e con il suo co-founder Pedro Henriques ha messo in piedi una piattaforma che aiuta la stampa a orientarsi in quel che davvero conta nel dibattito online, evitando di inciampare in fake news e provando ad approfondire le storie senza inseguire i trend momentanei.

«Per me usare i dati per trovare storie è una cosa super affascinante». L’esperienza in Google e in generale nel mondo delle Big Tech le è servita per mettere a fuoco quel che per lei significa fare startup a impatto. «Sempre in Google ho fatto da mentor per un programma di accelerazione per aziende di questo tipo». La pandemia, come per molti altri founder, ha significato un momento di pausa e di riflessione. Molti hanno lanciato proprio in quegli anni la loro impresa, come è capitato a Jenny e Pedro.
«Inizialmente volevamo essere una sorta di bussola per i lettori. Abbiamo lanciato il prodotto ma non ha funzionato». Così si sono spostati su un altro target, le redazioni. «La piattaforma attuale fa un’analisi di un gruppo di fonti, ad oggi ne abbiamo 3500 fonti, e in un feed aggiorna i temi e i contenuti più rilevanti». Non come in un social, ma più simile a una casella mail in cui di frequente vengono spedite le notifiche. Una sorta di rassegna stampa personalizzata, che non dà il contenuto fatto e finito, ma fornisce spunti e idee su articoli e inchieste.
Domande per il giornalismo
L’obiettivo di The Newsroom è quello di dare strumenti per non inciampare nelle fake news o nei contenuti manipolati. «Abbiamo un algoritmo che identifica le storie collegate tra loro. Abbiamo poi lavorato anche sui paper di ricerca accademica, mappando dieci anni di analisi e studi sul clima». Al momento la startup collabora soprattutto con redazioni in Gran Bretagna, dove la Ceo ci ha spiegato che c’è maggiore famigliarità da parte delle testate nell’innovare e nell’utilizzare l’AI.

Da anni si discute di quali e quanti lavori saranno o meno spazzati via dall’Intelligenza artificiale. Se da una parte è evidente che i cambiamenti organizzativi avverranno, con impatti che già si stanno notando all’interno delle grandi aziende, bisogna anche capire che la soluzione non è sbarrare la strada all’AI. «Non sostituirà affatto i giornalisti. A meno che non si intenda come modello quello di un giornale che pubblica migliaia di storie al giorno attraverso bot. Però quello è un modo di intendere le notizie come commodity, e fa perdere il rapporto con i lettori. Servirà sempre più input umano».
Secondo la founder di The Newsroom l’innovazione che sta spaventando il giornalismo ha spinto oggi molti a chiedersi cosa fare con l’AI. «Ma la domanda andava posta anche dieci anni fa. Davvero oggi abbiamo bisogno di così tante news, di così tante informazioni? Ecco perché secondo me quel che ha detto il capo del Guardian è corretto».