Lo conoscete il numero magico nelle relazioni umane? Ci aiuta a capire meglio anche il funzionamento dei social

Lo conoscete il numero magico nelle relazioni umane? Ci aiuta a capire meglio anche il funzionamento dei social

In questi anni segnati dagli stream senza fine sui social e sui dispositivi digitali abbiamo bisogno di nuove bussole per orientarci, abbiamo bisogno di ritrovare noi stessi. Anche perché persino l’intelligenza artificiale con i nuovi agenti pronti per l’uso spariglia le carte della consapevolezza, rendendoci più esposti alle sollecitazioni esterne e più fragili rispetto al nostro vissuto. D’altronde niente è come sembra perché tutto potenzialmente viene amplificato, virato, ribaltato. I deepfake moltiplicano bufale e truffe, le stanze dell’eco incrementano le nostre percezioni. E allora come orientarsi al meglio in un mondo dove le cartine di una volta non ci guidano più? Consigli per navigare al meglio e per non cadere nella rete dalla nostra nuova Firma dal Futuro: Nicoletta Cinotti, psicologa, psicoterapeuta e insegnante di mindfulness, autrice de “L’ansia per l’imperfezione” per Gribaudo editore.

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Quanti amici possiamo davvero avere e cosa sono, per ognuno di noi, quei legami deboli che coltiviamo attraverso i social? Adesso che siamo di fronte alla rivoluzione tecnologica dell’AI e che la usiamo come amico e confidente, le ricerche di Robin Dunbar appaiono ancora più profetiche. Il lavoro dell’antropologo e psicologo evoluzionista britannico dimostra che, nonostante le tecnologie moderne permettano di connetterci con centinaia di persone, il nostro cervello primitivo mantiene gli stessi limiti di 50.000 anni fa. Una limitazione biologica che influenza tutto, dall’efficacia dei team aziendali al successo delle comunità online, dalla progettazione urbana alla gestione delle nostre amicizie personali.

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Il numero di Dunbar e la sua genesi scientifica

Nel 1992, Dunbar condusse uno studio pioneristico correlando il volume della neocorteccia con le dimensioni dei gruppi sociali in 38 specie di primati. Utilizzando una metodologia statistica specifica per le predizioni, estrapolò che gli esseri umani possono mantenere relazioni sociali stabili con 148 individui (arrotondato a 150).

La validazione empirica è sorprendente: dalle liste di auguri natalizi (media 154 persone) ai dati delle reti telefoniche, dalle comunità neolitiche alle unità militari moderne, il numero 150 emerge costantemente. W.L. Gore & Associates, produttore del Gore-Tex, ha costruito il proprio successo aziendale limitando ogni stabilimento a 150 dipendenti, principio mantenuto per oltre 50 anni.

La struttura stratificata delle relazioni sociali

Dunbar ha identificato livelli concentrici di intimità sociale, ciascuno approssimativamente tre volte più grande del precedente. Andiamo da uno o due legami intimi fino a 150 persone con le quali possiamo avere un legame stabile e significativo. I gruppi di supporto e i cerchi di amicizia pèiù ampi, invece vanno dalle 5 alle 15 persone. Dopo le 15 persone si parla di gruppi con i quali condividiamo un’affinità ma non più una relazione davvero intima. Questi numeri sono orientativi ma cambiano di poco da persona a persona. Quello che invece influisce sul numero di relazioni è l’età. Con il passare degli anni tendiamo a essere più selettivi e privilegiamo l’intimità alla quantità

Questa struttura gerarchica non è arbitraria ma riflette limitazioni neurobiologiche precise. Oltre 12 studi di neuroimaging confermano che la dimensione della rete sociale individuale correla direttamente con il volume della “default mode neural network” che collega corteccia prefrontale, lobi parietale e temporale. Cosa significa? Significa che oltre un certo numero di contatti le relazioni tendono a perdere significato.

Secondo Dunbar i primati hanno sviluppato cervelli eccezionalmente grandi non per gestire sfide ecologiche, ma per navigare sistemi sociali complessi: la nostra sopravvivenza è sempre dipesa dalla cooperazione sociale sofisticata. Il prezzo evolutivo è stato enorme: il cervello umano consuma il 20% delle calorie totali del corpo. Assomigliamo ai primati anche sulla base di altre caratteristiche, come il grooming sociale realizzato attraverso il linguaggio

Il linguaggio come grooming sociale

Dunbar propone una teoria rivoluzionaria: il linguaggio si è evoluto come “grooming vocale”. I primati mantengono coesione sociale attraverso il grooming fisico, ma per un gruppo di 150 individui servirebbero 7 ore al giorno di pulizia reciproca, un tempo incompatibile con la sopravvivenza.

Il linguaggio ha risolto questo problema permettendo di “curare” più individui simultaneamente. Non a caso, circa il 65% della conversazione umana riguarda argomenti sociali: gossip, relazioni, dinamiche di gruppo. Quello che spesso consideriamo “chiacchiere inutili” rappresenta invece il meccanismo evolutivo fondamentale per mantenere la coesione sociale.

Relazioni personali nell’era digitale

Le teorie di Dunbar confermano quanto diceva il sociologo Zigmut Bauman: i social media non sostituiscono l’intimità reale ma costruiscono un mondo di legami deboli. Facebook mostra una media di 340 amici per utente, ma ricerche approfondite dimostrano che solo il 27,6% sono considerati “genuini”. La pandemia COVID-19 ha fornito una validazione drammatica di queste teorie. Durante il lockdown, le persone hanno perso oltre 4.800 “legami deboli” in 18 mesi, concentrando le energie sociali sui 5-15 rapporti più stretti. Dunbar aveva previsto che le reti sociali sarebbero diventate più piccole e concentrate, esattamente quello che è successo.

Organizzazione aziendale e team management

L’applicazione più celebrata delle teorie di Dunbar si trova in W.L. Gore & Associates. Bill Gore scoprì di non riconoscere più nessuno nella sua nuova fabbrica e decise di limitare ogni stabilimento a 150 dipendenti con 150 posti auto. Il principio: “Quando un’organizzazione supera i 150 membri, le persone iniziano a pensare in termini di ‘loro’ invece che ‘noi’.”

Social media e reti digitali

La ricerca di Dunbar rivela alcune limitazioni delle piattaforme digitali. Nonostante migliaia di “contatti”, il 60% del tempo sui social media è speso comunicando con solo 5 persone più strette. La tecnologia riduce i costi di mantenimento delle relazioni ma non aumenta la capacità cognitiva fondamentale. XING, la rete professionale europea, ha scoperto che utenti con circa 157 contatti riportano il maggior successo nell’ottenere offerte di lavoro mentre troppi pochi contatti limitano le opportunità, troppi diluiscono la qualità delle relazioni professionali.

Sfide dell’era post-pandemica

Il COVID-19 ha creato un esperimento sociale involontario che ha validato drammaticamente le teorie di Dunbar. Il lavoro remoto e l’isolamento sociale hanno dimostrato che le tecnologie digitali possono rallentare il declino delle relazioni ma non impedirne la graduale erosione.

Dunbar rimane scettico riguardo al lavoro completamente remoto: “Il mondo digitale di Zoom e Skype non è un sostituto degli incontri faccia a faccia. Dobbiamo vedere il bianco dei loro occhi dall’altra parte del tavolo.” Le organizzazioni che hanno ignorato questi principi durante la pandemia hanno spesso sperimentato cali nella coesione di team e nell’innovazione collaborativa.

Le applicazioni emergenti includono l’uso dei principi di Dunbar negli algoritmi di sicurezza online e nel design di piattaforme social. Il numero 150 viene utilizzato per identificare comportamenti anomali e bot, poiché account che interagiscono con migliaia di utenti violano pattern sociali naturali.

La realtà virtuale e aumentata potrebbero rappresentare la prossima frontiera. Mentre Dunbar rimane cauto, specula che interazioni avatar-avatar sufficientemente ricche potrebbero eventualmente estendere i limiti cognitivi naturali, anche se siamo ancora lontani da quella tecnologia.

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