Dopo l’istruttoria avviata a luglio 2025 per presunto abuso di posizione dominante perché Meta ha integrato il servizio di chatbot AI su WhatsApp in posizione preminente rispetto ai servizi dei concorrenti, ora il colosso di Mark Zuckerberg annuncia il ricorso e attraverso un portavoce smentisce la fondatezza dell’accusa: «La decisione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è infondata. L’emergere di chatbot di intelligenza artificiale sulle nostre Business API ha messo sotto pressione i nostri sistemi, che non erano stati progettati per supportare questo tipo di utilizzo».
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Che cosa era successo con Meta?
Dopo l’istruttoria avviata durante quest’estate, l’Antitrust ha adottato la misura cautelare nei confronti di Meta. «Il procedimento è stato ampliato il 25 novembre scorso, con contestuale avvio del sub-procedimento cautelare, in merito all’applicazione delle nuove condizioni contrattuali previste dai WhatsApp Business Solution Terms, introdotte il 15 ottobre e la cui piena efficacia si dispiegherà entro il 15 gennaio 2026», ha scritto l’autorità precisando che queste condizioni contrattuali escludono del tutto dalla piattaforma WhatsApp le imprese concorrenti di Meta AI nel mercato dei servizi di Chatbot AI.
Secondo l’Antitrust, «la condotta di Meta sembra avere natura abusiva, perché suscettibile di limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico nel mercato dei servizi di Chatbot AI, a danno dei consumatori. Inoltre, il comportamento di Meta può arrecare un danno grave e irreparabile, durante il tempo necessario per lo svolgimento dell’istruttoria, alle dinamiche competitive nel mercato interessato, pregiudicandone la contendibilità», ha precisato l’autorità.
La posizione di Meta
«L’autorità italiana parte dal presupposto che WhatsApp sia, in qualche modo, un app store di fatto. I canali di accesso al mercato per le aziende di IA sono gli app store, i loro siti web e le partnership di settore, non la piattaforma WhatsApp Business. Faremo ricorso», ha risposto un portavoce di Meta.