Operazione contro gli hacker filorussi Noname057(16), ci sono anche cinque indagati italiani. Che cosa sappiamo?

Operazione contro gli hacker filorussi Noname057(16), ci sono anche cinque indagati italiani. Che cosa sappiamo?

Con un’operazione della Polizia postale coordinata dalla procura di Roma sono state arrestate 5 persone presumibilmente legate al gruppo di hacker russi Noname057(16), responsabile, dal 2022 a oggi, di migliaia di attacchi verso siti governativi, della pubblica amministrazione, di infrastrutture di trasporto pubblico, istituti bancari, sanità e telecomunicazioni in diversi Paesi europei, tra cui l’Italia.

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Cosa sappiamo sulle indagini contro gli hacker filorussi

Le indagini, coordinate a livello internazionale da Eurojust ed Europol, hanno consentito di identificare numerosi aderenti al gruppo, svelando chi si celava dietro ai server remoti, agli account Telegram e ai pagamenti in criptovaluta riconducibili alla crew. Sono state emessi cinque mandati d’arresto internazionali nei confronti di cittadini russi, 2 dei quali ritenuti vertici dell’organizzazione.

Più di 600 server in vari Paesi sono stati disattivati ed in parte sottoposti a sequestro. L’operazione. chiamata “Eastwood”, è stata condotta in Italia, Germania, Stati Uniti, Olanda, Svizzera, Svezia, Francia e Spagna.
Noname, informa la Polizia, reclutava simpatizzanti, distribuendo gli elenchi dei target occidentali da colpire e rivendicando poi gli attacchi attraverso i propri canali anonimi Telegram. Con il canale DDosia Project, la crew metteva a disposizione un software per entrare e operare nel gruppo.
L’infrastruttura criminale è risultata articolata su un livello centrale di comando e controllo nella Federazione russa, server intermedi dedicati all’anonimizzazione del segnale e alla dispersione delle tracce e, quindi in migliaia di computer messi a disposizione di Noname dagli aderenti per gli attacchi.

Chi c’era al coordinamento del gruppo hacker?

A coordinare gli attacchi, un gruppo di hacker che operava dalla Russia e remunerava gli aderenti in criptovalute. Gli attacchi Ddos (Distributed denial of service), con ingenti quantità di connessioni simultanee dai computer verso i siti da colpire, sono stati mirati a provocarne il collasso e la temporanea inservibilità, con ripercussioni anche rilevanti sull’erogazione dei servizi pubblici.
In Italia, le indagini del Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche hanno condotto all’identificazione di 5 persone, che avrebbero aderito al gruppo e lanciato attacchi a infrastrutture nazionali ed europee. Nei confronti dei 5 indagati, la procura della Repubblica di Roma ha eseguito perquisizioni. Sono al vaglio anche altre posizioni.