Spam telefonico: perché le nostre difese falliscono e perché la soluzione potrebbe essere drastica?

Spam telefonico: perché le nostre difese falliscono e perché la soluzione potrebbe essere drastica?

Il Registro delle Opposizioni è un’arma spuntata e lo spoofing una tecnica per creare identità fantasma, il che rende le soluzioni attuali solo dei cerotti. La vera svolta potrebbe arrivare da un cambio di paradigma radicale, come la proposta spagnola di vietare del tutto i contratti telefonici, costringendoci a ripensare il confine tra contatto e contratto.

Matteo Flora art

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«Pronto?». Una pausa di un secondo, quasi impercettibile, ma che il nostro cervello ha imparato a riconoscere. È il piccolo ritardo del combinatore automatico, l’attimo di latenza prima che un operatore, spesso a migliaia di chilometri di distanza, venga connesso alla nostra linea. In quel secondo si materializza una delle più grandi frustrazioni della vita digitale contemporanea: lo spam telefonico.

Una seccatura, certo. Ma liquidarla così sarebbe un errore. Quella chiamata non è un evento isolato, è il terminale di un’industria multimilionaria, un sintomo di un sistema complesso dove tecnologia, norme, economia e psicologia si intrecciano in un groviglio difficile da sciogliere. E la domanda che dobbiamo porci non è solo come fermarlo, ma perché non ci siamo ancora riusciti. La risposta, come spesso accade, è molto più interessante del problema stesso.

Il mercato invisibile dietro una chiamata indesiderata

Partiamo dai fondamentali: i soldi. Dietro quella chiamata c’è un mercato che, solo in Italia e solo per i settori di energia e telefonia, supera i 600 milioni di euro l’anno. Non stiamo parlando di spiccioli. Nel 2024, si stima che fino al 70% dei cambi di fornitore nel settore energetico – quasi un milione di contratti – sia frutto di campagne di telemarketing. Ogni contratto ha un valore medio annuo che può sfiorare i 1.000 euro.

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Immagine realizzata con l’AI

Questa non è un’operazione artigianale. È un’industria strutturata, con mandanti (le grandi utility, le compagnie telefoniche) e una filiera di esecutori (i call center). Ed è qui che emerge il primo, fondamentale, nodo del problema.

La ragnatela della responsabilità: chi è il mandante?

Quando il Garante per la Privacy commina una sanzione record da 79 milioni di euro a un colosso come energetico, la notizia fa scalpore. Ma cosa succede davvero? Si colpisce il vertice di una piramide. Il GDPR è chiaro: il titolare del trattamento (l’azienda mandante) è responsabile di come i dati vengono usati, anche dai suoi fornitori. Eppure, il modello di business dominante si basa su una deliberata frammentazione della responsabilità.

L’azienda A stipula un contratto con il call center B, spesso all’estero. Il call center B, a sua volta, si affida a sub-agenzie C, D, E, creando una catena quasi impossibile da tracciare. Ogni anello ha contratti che prevedono multe per violazioni, ma queste penali sono spesso irrisorie, calcolate come un “costo del rischio” accettabile rispetto ai profitti generati. È un sistema progettato per diluire la colpa, rendendo estremamente complesso individuare il singolo operatore che ha effettuato la chiamata illecita. Le sanzioni, per quanto pesanti, arrivano tardi e colpiscono il mandante, ma raramente smantellano la rete operativa che continua a prosperare nell’ombra.

Il Registro delle opposizioni: un’arma spuntata

Di fronte a questo assalto, lo Stato ha provato a darci uno scudo: il Registro Pubblico delle Opposizioni. L’idea è semplice: iscrivo il mio numero e, in teoria, nessuno può più chiamarmi per scopi promozionali senza il mio consenso esplicito. Peccato che, nella pratica, la sua efficacia sia drammaticamente limitata. Circa il 55% degli iscritti continua a ricevere chiamate.

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Perché? Perché il Registro funziona solo con gli operatori che già rispettano le regole. È un patto tra gentiluomini in un mercato pieno di pirati. I call center illegali, o quelli che operano dall’estero con pochi scrupoli, semplicemente lo ignorano. Per sanzionarli, dovresti prima individuarli. E qui entra in gioco la tecnologia.

Lo spettro nella macchina: lo spoofing e l’identità fantasma

Se il call center pirata usasse un numero albanese, probabilmente non risponderemmo. Per questo utilizzano lo spoofing: falsificano il numero chiamante per farlo apparire come un normale numero italiano, magari della nostra stessa provincia, per abbassare le nostre difese.

Recentemente, AGCOM ha implementato misure per bloccare alla fonte le chiamate provenienti dall’estero con numerazioni fisse o mobili italiane “spoofate”, intercettando milioni di tentativi al giorno. È un passo avanti importante, ma la battaglia è tutt’altro che vinta. La rete telefonica globale si basa ancora su protocolli di fiducia (come il vecchio SS7) che, per loro natura, non sono stati progettati per un mondo a “fiducia zero”. I malintenzionati trovano sempre nuove vie, usando numerazioni estere reali o altre tecniche per aggirare i blocchi. Stiamo giocando a guardie e ladri su un’infrastruttura tecnologica che, fondamentalmente, si fida di chiunque bussi alla porta.

Nuove regole e soluzioni drastiche: basta cerotti?

Mentre la tecnologia arranca, la normativa cerca di mettere delle pezze. Dal 2025, le nuove regole di ARERA per i contratti energetici impongono l’invio di documentazione scritta e tracciata prima che il contratto sia valido e allungano il periodo di ripensamento a 30 giorni. Sono misure di buon senso, che mirano a proteggere il consumatore nella fase finale del processo. Ma non risolvono il problema a monte: la chiamata indesiderata.

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Ed è qui che si affaccia una proposta tanto semplice quanto radicale, che arriva dalla Spagna. Dopo aver constatato il fallimento del loro registro delle opposizioni, stanno valutando di tagliare il nodo gordiano: vietare completamente la sottoscrizione di contratti per telefono. Il contatto telefonico potrebbe rimanere solo per scopi informativi, ma per chiudere un accordo servirebbe un canale tracciabile e sicuro, come la firma in un negozio o una procedura online verificata.

Questa non è più una pezza. È un cambio di paradigma. Significa riconoscere che un intero canale di vendita è diventato così tossico e incontrollabile da dover essere amputato per proteggere i cittadini. Si passerebbe dal tentare di filtrare le chiamate illegali a rendere nullo qualsiasi contratto stipulato tramite una di esse, eliminando alla radice l’incentivo economico a chiamare.

È una soluzione estrema? Forse. Ma di fronte a un sistema che prospera sulla complessità, sull’opacità e sui limiti della tecnologia, a volte la soluzione più efficace non è un algoritmo più intelligente, ma una regola più semplice e coraggiosa. Forse è arrivato il momento di decidere che la nostra tranquillità vale più della comodità di un “sì” detto al telefono.