Tre ingegneri e un’idea che diventa un proof of concept fino a trasformarsi in un prodotto. «Ora, grazie al round da 2,7 milioni appena concluso, siamo pronti ad andare sul mercato». Questa è la storia di Gevi, startup nata a Pisa tre anni fa da tre ingegneri e amici che si sono conosciuti durante una competition universitaria. E a raccontarcela è il nuovo arrivato, il general manager Giuseppe Imburgia. «Sono l’unico “non-toscano” in un team di toscanacci. Lavoriamo sull’eolico, alla presentazione di una soluzione totalmente innovativa che potrebbe davvero fare la differenza nel mercato», racconta a StartupItalia dopo la chiusura dell’aumento di capitale in un settore in cui emergere è davvero difficile e che sta accusando anche il peso di certe idee politiche caldeggiate dal presidente americano Trump.

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Da un’idea a un prodotto pronto per il mercato
«Impiegheremo i finanziamenti ricevuti per portare a termine quello che per noi ora è un obiettivo primario: commercializzare il nostro prodotto. Il passaggio verso il mercato era lo step che ci mancava – racconta Imburgia – Io sono entrato in azienda da pochissimo, proprio in concomitanza con la chiusura dell’aumento di capitale ma questa realtà mi è piaciuta da subito. Credo che il prodotto che hanno pensato i tre cofounder, Emanuele Luzzati (ndr CEO & Head of Engineering), Edoardo Simonelli (ndr Head of Products) e Soufiane Essakhi (ndr Head of Operations) sia qualcosa di veramente unico e che potrebbe potenzialmente avere un impatto a livello globale». Insomma, Imburgia, ingegnere energetico di origine trentina ma residente a Roma, dopo aver lavorato per tanti anni nel settore della consulenza strategica ha deciso di buttarsi nel mondo dell’energia, rapito dall’idea di Gevi.

«I tre co-founder vantano un background che si muove tra l’ingegneria aerospaziale e la robotica – racconta il general manager di Gevi – Hanno sviluppato la prima turbina micro eolica sotto i 20 kilowatt ad asse verticale auto-apprendente, capace di adattarsi in tempo reale al vento grazie a sistemi di Intelligenza artificiale che regolano dinamicamente l’angolo delle pale». E spiega come questa idea ha avuto origine: «Hanno pensato di prendere una turbina con rotazione verticale e renderla efficiente. Fino a oggi le turbine che vediamo sono a asse orizzontale mentre quello verticale ideato da Gevi gira con un sistema di pale mobili non fisse che vengono orientate nella circonferenza della macchina portando livelli di efficienza sul mercato che rendono questa tecnologia sostenibile». Dopo diversi test, Gevi ha iniziato con le installazioni per alcuni noti brand del lusso e nelle multiutility «finché la startup ha chiuso un pre-seed che le ha permesso di affinare il prototipo, e poi è arrivato questo ultimo round. Credo che in realtà un finanziamento da 2,7 milioni per una startup di prodotto oggi sia una cifra davvero considerevole», spiega il general manager e aggiunge: «Poter dire di avere una macchina con un rendimento altissimo al mondo è una cosa incredibile e io credo che Emanuele, Edoardo e Soufiane siano stati geniali».
I prossimi steps e l’impatto delle decisioni di Trump
Dopo il lancio sul mercato, nel cassetto di Gevi c’è l’internazionalizzazione. «Geograficamente non abbiamo limiti, possiamo posizionare il nostro prodotto in tutte le zone ventose – spiega Imburgia – In particolare, nell’Unione Europea, oltre al nostro Paese, ci interessano soprattutto le zone costiere, il Nordix. Gevi si rivolge soprattutto alle PMI che già sfruttano le rinnovabili, affinchè con il nostro prodotto possano affiancare a queste una tecnologia complementare che può anche essere stand-alone e garantire una riduzione nei consumi e un avvicinamento all’indipendenza energetica. 3-5 kw di potenza sono tanti per una casa mentre sono l’ideale per una piccola azienda».

E se le rinnovabili sono una frontiera che diventa sempre più vicina e su cui i governi europei stanno spingendo, non è proprio così per quanto riguarda il panorama americano. Il presidente Donald Trump si è opposto all’eolico offshore, bloccando progetti come il “Revolution Wind” di Ørsted, terminato già all’80% con 45 delle 65 turbine installate, per «preoccupazioni di sicurezza nazionale». Il progetto avrebbe dovuto alimentare oltre 350mila abitazioni tra Rhode Island e il Connecticut a partire dal 2026. Ma così non è andata e il presidente Usa ha bloccato di fatto uno tra i più importanti programmi dell’azienda con sede a Fredericia, in Danimarca, che conta circa 8.900 dipendenti ed è quotata al NASDAQ di Copenhagen con un fatturato al 2023 di 79,3 miliardi di corone danesi (10,6 miliardi di euro).

Ma questo scenario attualmente preoccupa anche le piccole startup come Gevi ma dal grande potenziale? «Almeno per il momento direi di no – afferma Imburgia – Per ora, per noi, l’impatto delle scelte di Trump è zero perché hanno a che fare con un eolico di altra taglia, mille volte più potente e più grande del nostro. Ma se analizziamo la decisione in sé e per sé, di certo non ci aspetta uno scenario roseo. D’altro canto, la sua obiezione principale è che esteticamente sono brutte da vedersi e, da questo punto di vista, noi siamo salvi perché le nostre vengono posizionate su un tetto e neanche si vedono. Noi produciamo per l’autoconsumo, non per la vendita. Pertanto, almeno fino a ora ci salviamo». Per ora, quindi, l’atteggiamento di Trump non sembra preoccupare le piccole imprese. Ma chi sa se un domani anche loro si troveranno a dover fare i conti con le sue scelte politiche più o meno condivisibili.